2011-10-26 14:12:45

Ogni anno in Pakistan almeno 700 ragazze cristiane sono vittime di violenza


Sidra, Tina, Samina, Shazia... La lista è spaventosamente lunga. Ogni anno si aggiungono 700 nuove caselle in cui si susseguono i nomi, i luoghi, le date. Episodi diversi, intrecciati dallo stesso orrore. Queste donne – si legge nell'articolo pubblicato dal quotidiano “Avvenire” - hanno in comune un’esperienza tremenda: il rapimento, lo stupro selvaggio, l’intento di “normalizzare l’abuso” con un matrimonio forzato. E chi evita quest’ultimo sopruso, deve affrontare la tragedia di vivere nello stesso villaggio col suo aggressore: quasi mai il responsabile viene arrestato e condannato. In Pakistan, gli abusi contro i cristiani – specie se donne – da parte dei musulmani sono un crimine “invisibile”. Anzi, gli stupri sistematici di ragazzine cristiane sono una strategia pianificata degli integralisti per costringerle a sposare un islamico e, dunque, convertirsi alla fede musulmana. A denunciarlo, in un lungo e dettagliato rapporto, è l’Asian Human Rights Commission (Ahrc), organizzazione indipendente con sede a Hong Kong che raggruppa giuristi e attivisti per i diritti umani. Le cifre contenute nello studio sono allarmanti: sono 700 i casi rilevati ogni anno. Molti di più quelli di cui non si hanno notizie. L’ultimo dramma è avvenuto appena due settimane fa, il 12 ottobre. Zubaida Bibi, un’inserviente cristiana impiegata nella fabbrica di un islamico, è stata aggredita dal suo principale. Zubaida ha cercato di opporsi, per questo l’uomo l’ha sgozzata e lasciata a morire in un bagno di sangue. L’impunità, oltre a favorire il perpetuarsi dei crimini, produce un effetto ulteriore. Secondo l’Ahrc, le violenze “compromettono la convivenza tra fedi diverse a causa della totale assenza dello Stato di diritto” e diventano alla fine un ulteriore elemento di discriminazione verso le minoranze. La situazione – si legge nel rapporto - è aggravata “dall’atteggiamento della polizia che si schiera sempre dalla parte dei gruppi islamici e tratta le minoranze come forme inferiori di vita”. (A.L.)







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