2011-10-26 15:49:12

Maltempo in Thailandia, oltre 360 le vittime, Centroamerica e Italia: 9 morti in Liguria e Toscana


Il maltempo sta colpendo numerose regioni nel mondo: pesanti alluvioni stanno investendo la Thailandia, oltre 360 i morti finora e più di centomila sfollati, e il Centroamerica dove si registrano decine di vittime. Maltempo anche in Italia, con nove morti, cinque dispersi e ingenti danni materiali, in particolare in Liguria e Toscana. Il servizio di Eugenio Bonanata:RealAudioMP3

Bangkok rischia di essere completamente inondata, mentre l’Onu ha chiesto un intervento urgente in Paesi centroamericani come Salvador, Honduras e Nicaragua. Forti piogge che mettono in ginocchio intere comunità seminando morte e distruzione. E’ quello che sta accadendo anche nel nord dell’Italia. Decine i Paesi coinvolti tra lo Spezzino e la Lunigiana: vittime a Borghetto Vara e Monterosso, in provincia di La Spezia e ad Aulla, in provincia di Massa Carrara. Si cercano i dispersi ed è lotta contro il tempo. Fango e detriti hanno invaso diversi centri, che risultano ancora isolati. La speranza, adesso, è che il miglioramento delle condizioni meteo possa consentire l’impiego degli elicotteri della protezione civile. Le squadre di soccorso, comunque, lavorano senza sosta nel tentativo di aprire varchi, tra strade interrotte, frane e smottamenti. Sentiamo Angelo Betta, il sindaco di Monterosso, uno dei Paesi più colpiti:

R. – C’è stata una grande colata d’acqua, tanti millimetri che non cadono neanche in un anno; e contestualmente ci sono state frane a monte e la mareggiata forza 5, che ha fatto da tampone e non ha fatto uscire l’acqua. Di conseguenza, l’acqua è volata indietro e le frane a monte hanno fatto smottare le solette dei canali delle vie che ci passano sopra. Quindi, hanno portato via auto, i fondi del piano terra e dei palazzi, che sono allagati e pieni di detriti. La parte bassa del Paese, sia nella parte vecchia sia nella parte nuova, è completamente ricoperta di sassi e detriti ed è praticamente inservibile.

Mons. Francesco Moraglia, vescovo della diocesi di La Spezia-Sarzana- Brugnato, è stato in contatto con la nostra emittente fin da stamattina e ci ha raccontato di queste ore drammatiche per la popolazione locale in cui si è temuto anche per la sorte del parroco di Sarzana:

R. – Poi siamo riusciti attraverso i collegamenti di emergenza della Prefettura a metterci in contatto con alcune persone di Vernazza, che ci hanno detto che il parroco sta bene e che sta lavorando: ha ospitato anche delle persone in canonica, come il parroco di Corniglia, che ha ospitato una ventina di persone, questa notte, nel santuario di San Bernardino, nelle alture di Corniglia.

E son incalcolabili i danni, che riguardano tra l’altro anche tratti ferroviari e dell’autostrada A12 e A15. Il presidente della regione Liguria, Claudio Burlando, ha chiesto lo stato di emergenza. Intanto è polemica sull’incuria del territorio: si parla di dissesto idro-geologico, un fenomeno che interessa in modo allarmante molti comuni italiani soprattutto in Calabria e Sicilia. Ancora mons. Moraglia:

R. – Mi viene in mente adesso anche l’ultima enciclica del Papa in cui ritorna oltre al tema del bene comune, quello ecologico: la questione del rapporto dell’uomo con il suo territorio. Noi abbiamo uno dei territori più belli in assoluto dell’Italia: pensi alle Cinque Terre, pensi a Lerici. Sono anche fonti di reddito notevoli per il turismo. Indubbiamente, però, ci sono da fare parecchie riflessioni sul modo in cui l’uomo si rapporta a questo bene inestimabile del territorio.

Le condizioni meteo in Liguria e Toscana sono in miglioramento, tuttavia, la protezione civile ha diramato lo stato d’allerta per Veneto e Friuli. Nessun danno significativo a Roma, dove si temeva una replica di quanto avvenuto la settimana scorsa. Sulla situazione è intervenuto anche il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, che in un’intervista ha parlato di “tributi molto dolorosi” legati al cambiamento climatico. Ma come spiegare l’intensità di queste precipitazioni? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Giampiero Maracchi, docente di climatologia:RealAudioMP3

R. – Non sarebbero stati normali nel periodo precedente agli anni ’90; purtroppo ormai bisogna dire che lo sono diventati. Con il riscaldamento del pianeta, si riscaldano gli oceani, aumenta l’acqua precipitabile contenuta nelle nubi, aumenta anche l’energia e, quindi, gli eventi diventano molto simili a quelli dei Tropici: piogge di breve durata ma molto intense.

D. – Quindi è giusto chiamare in causa la questione dei cambiamenti climatici?

R. – Assolutamente sì. Infatti, questo è un processo che vediamo a partire dalla metà degli anni ’90: basti ricordare che anche l’anno scorso, esattamente in questo periodo, a Carrara, purtroppo, ci furono tre morti in un evento come quello avvenuto tra ieri ed oggi, e lo stesso in Liguria; basti ricordare l’inondazione del Bacchiglione, che ha fatto all’inizio di quest’anno 500 milioni di danni.

D. – Il fenomeno, però, riguarda anche altri Paesi e altre zone del mondo, come per esempio la Thailandia. Che tipo di correlazione c’è tra queste due situazioni?

R. – Naturalmente bisogna vedere la posizione geografica del Paese. L’aumento dell’energia e dell’acqua condensabile determina questi cicloni extra tropicali - questo è il termine tecnico – che si hanno appunto sul Mediterraneo, ma anche in altre aree sempre della zona temperata. Quando poi si va nelle zone già di carattere tropicale non fanno altro che aumentare le aree in cui avvengono inondazioni importanti e lo abbiamo visto appunto negli ultimi anni non solo in Thailandia, ma anche in Bangladesh e in tante altre aree, dove nel passato c’erano questo tipo di fenomeni, ma che si sono intensificati.

D. – Cosa ci dobbiamo aspettare per le prossime settimane, per i prossimi mesi?

R. – Andando in là con i mesi è un po’ difficile a dirsi, perché le previsioni stagionali o climatiche sono ad un grado di approssimazione abbastanza modesto: sono ancora molto sperimentali. Nelle prossime settimane, da quello che si vede – a parte una pausa che avremo da domani in poi – sembrerebbe che il mese di novembre possa essere abbastanza piovoso, perché la traiettoria delle perturbazioni, che in termini tecnici si chiama “storm track”, si è abbassata: fino a qualche giorno fa era sull’Europa e ora invece è sul Mediterraneo, e questo porta le perturbazioni dall’Atlantico con le conseguenze che abbiamo visto. Naturalmente, andando in là con la stagione, si raffredda anche il mare, la temperatura di superficie degli oceani diminuisce e quindi il rischio di esondazioni o di piogge molto intense dovrebbe diminuire. Ciò non toglie che a novembre si possano avere ancora fenomeni di questo tipo.

D. – Alla luce di queste considerazioni, cosa si può fare? Qual è la via d’uscita?

R. – Dove il fenomeno avviene e con che intensità lo si può dire soltanto pochissime ore prima. Quindi, ai fini della Protezione Civile diventa assai difficile. Naturalmente bisogna fare un’opera di formazione della cittadinanza, dei cittadini: quando sanno che c’è una criticità su una regione, bisogna che siano più attenti, bisogna che stiano più attenti a mettersi in viaggio con le macchine se devono passare vicino a corsi d’acqua e tutta una serie di cose che la gente deve imparare ad adottare.

D. – Da un altro punto di vista, bisognerebbe consumare meno energia...

R. – Quello è l’elemento di base di carattere più generale. Il modello che abbiamo usato fino ad oggi, negli ultimi cento anni, è un modello che dimostra limiti importanti: ha portato senz’altro benessere, ha portato la diminuzione della fatica e di tante altre cose – una maggiore lunghezza della vita – e quindi senz’altro ha avuto dei risultati benefici, ma insieme a questi ci sono poi aspetti negativi, fra cui i cambiamenti del clima ed anche le crisi economiche che stiamo vivendo, che sono poi il risultato estremo di un modello troppo basato sul mercato.

D. – Puntare alle rinnovabili, alle energie pulite: questo può aiutare?

R. – Assolutamente sì! Direi che il futuro non può essere altro che quello. E’ chiaro che se vogliamo ridurre l’inquinamento atmosferico da parte di gas effetto-serra bisogna puntare su processi e fenomeni che siano ad effetto-serra zero. (ap)







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