Il cardinale Bagnasco ribadisce la responsabilità dei cattolici nella società
“I cattolici hanno una grande responsabilità verso il corpo sociale in tutte le sue
espressioni”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che è intervenuto
ieri a Rimini al Convegno nazionale dei direttori della Pastorale sociale sul tema
“Educare al lavoro dignitoso: 40 anni di pastorale sociale in Italia”. Il criterio
per valutare la dignità del lavoro è se è conforme alla dignità dell’uomo. Un lavoro
non è dignitoso se chiede al lavoratore di rinunciare ai valori che rendono la vita
degna di essere vissuta. “Guadagnare la vita ma perdere le ragioni del vivere è indegno
dell’uomo, perché non lo realizza nella sua umanità”: sono le parole del cardinale
Bagnasco che fa un discorso a tutto campo sui temi economici e del lavoro, partendo
dal Magistero della Chiesa, in particolare dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII fino
alla “Caritas in veritate” di Benedetto XVI. La cultura, che è un fatto spirituale,
e l’economia, hanno un rapporto di reciprocità ma, dice il porporato, bisogna riconoscere
il primato della cultura “se non si vuole entrare in una giungla di un mercato senza
regole perché senza valori”. E l’errore fondamentale del socialismo non è stato tanto
economico quanto antropologico e la causa della sua fine è stata “la negazione della
verità sull’uomo”. “Se la persona non è riducibile a molecola della società e dello
Stato, il bene del singolo non può essere del tutto subordinato al meccanismo economico-sociale”
né si può prescindere dalla responsabilità individuale, altrimenti scomparirebbe “la
persona come soggetto autonomo di decisione morale”. Ma è proprio grazie all’agire
libero e responsabile dell’uomo che la persona costruisce la giustizia e quindi l’ordine
sociale. Questo errore genetico del socialismo è proprio anche del consumismo e quindi
della nostra civiltà “che – dice - sembra essere malata di questo morbo che, se non
corretto, la porta alla decadenza”. Il cardinale poi non dimentica il problema della
mancanza di lavoro: nelle zone d’ombra del non-lavoro la fiducia di sé è profondamente
minacciata. Per questo lo Stato deve “provvedere alle opportunità di accesso al lavoro
nei vari ambiti” tenendo però conto delle circostanze inedite che il mondo sta vivendo
e che impongono un cambio di mentalità. E’ dunque necessaria “una grande opera educativa”.
E la Chiesa porta il suo contributo più specifico poiché il più importante lavoro
si compie nel cuore dell’uomo. Quindi il presidente della Cei sottolinea la grande
responsabilità dei cattolici verso il corpo sociale: “hanno un debito di servizio
– dice - per il dono della fede ricevuta, che li abilita ad essere umilmente ‘luce
e sale della terra e luce del mondo’ e anche per quel patrimonio di storia cristiana
che è un tesoro e come un giacimento inesauribile per il bene degli uomini e della
civitas”. (A cura di Debora Donnini)