2011-10-26 14:13:29

Il cardinale Bagnasco ribadisce la responsabilità dei cattolici nella società


“I cattolici hanno una grande responsabilità verso il corpo sociale in tutte le sue espressioni”. Così il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che è intervenuto ieri a Rimini al Convegno nazionale dei direttori della Pastorale sociale sul tema “Educare al lavoro dignitoso: 40 anni di pastorale sociale in Italia”. Il criterio per valutare la dignità del lavoro è se è conforme alla dignità dell’uomo. Un lavoro non è dignitoso se chiede al lavoratore di rinunciare ai valori che rendono la vita degna di essere vissuta. “Guadagnare la vita ma perdere le ragioni del vivere è indegno dell’uomo, perché non lo realizza nella sua umanità”: sono le parole del cardinale Bagnasco che fa un discorso a tutto campo sui temi economici e del lavoro, partendo dal Magistero della Chiesa, in particolare dalla “Rerum Novarum” di Leone XIII fino alla “Caritas in veritate” di Benedetto XVI. La cultura, che è un fatto spirituale, e l’economia, hanno un rapporto di reciprocità ma, dice il porporato, bisogna riconoscere il primato della cultura “se non si vuole entrare in una giungla di un mercato senza regole perché senza valori”. E l’errore fondamentale del socialismo non è stato tanto economico quanto antropologico e la causa della sua fine è stata “la negazione della verità sull’uomo”. “Se la persona non è riducibile a molecola della società e dello Stato, il bene del singolo non può essere del tutto subordinato al meccanismo economico-sociale” né si può prescindere dalla responsabilità individuale, altrimenti scomparirebbe “la persona come soggetto autonomo di decisione morale”. Ma è proprio grazie all’agire libero e responsabile dell’uomo che la persona costruisce la giustizia e quindi l’ordine sociale. Questo errore genetico del socialismo è proprio anche del consumismo e quindi della nostra civiltà “che – dice - sembra essere malata di questo morbo che, se non corretto, la porta alla decadenza”. Il cardinale poi non dimentica il problema della mancanza di lavoro: nelle zone d’ombra del non-lavoro la fiducia di sé è profondamente minacciata. Per questo lo Stato deve “provvedere alle opportunità di accesso al lavoro nei vari ambiti” tenendo però conto delle circostanze inedite che il mondo sta vivendo e che impongono un cambio di mentalità. E’ dunque necessaria “una grande opera educativa”. E la Chiesa porta il suo contributo più specifico poiché il più importante lavoro si compie nel cuore dell’uomo. Quindi il presidente della Cei sottolinea la grande responsabilità dei cattolici verso il corpo sociale: “hanno un debito di servizio – dice - per il dono della fede ricevuta, che li abilita ad essere umilmente ‘luce e sale della terra e luce del mondo’ e anche per quel patrimonio di storia cristiana che è un tesoro e come un giacimento inesauribile per il bene degli uomini e della civitas”. (A cura di Debora Donnini)







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