Stupore e preoccupazione per il rapimento di tre europei in un campo profughi saharawi
L’unità di crisi della Farnesina è al lavoro per fare luce sul rapimento di Rossella
Urru, la cooperante del Cisp, il Comitato per lo sviluppo dei popoli, sequestrata
ieri nel sud dell’Algeria insieme a due volontari spagnoli. I tre si trovavano in
un campo di rifugiati dell’autoproclamata repubblica del Saharawi, dove svolgevano
attività di carattere umanitario. E sulla preoccupazione con cui si attendono notizie
su quanto avvenuto sentiamo Debora Rezzoagli, responsabile dei progetti per
l’Africa del Cisp, intervistata da Stefano Leszczynski:
R. – Riguardo
a quanto è successo noi non abbiamo alcuna informazione attendibile su quanto è successo,
se non che un commando di circa 10 persone, probabilmente armato, con un’incursione
probabilmente armata, ha rapito Rossella Urro e altri due colleghi spagnoli di altre
due organizzazioni non governative che lavorano nei campi. Circa l’identità e le motivazioni
dei rapitori non sappiamo nulla.
D. – E’ qualcosa che non era mai successo
prima d’ora in un campo rifugiati Saharawi, un rapimento di volontari…
R.
– No, assolutamente non è mai successo niente del genere. Noi lavoriamo nei campi
dal 1985 e non c’è mai stata nessuna sensazione di insicurezza. Si lavora in piena
collaborazione con le istituzioni e le associazioni Saharawi e tra noi Ong è lo stesso.
E’ una cosa che nessuno di noi si aspettava.
D. - Qual è l’attività
dei volontari nei campi dei rifugiati Sarawi nel sud dell’Algeria?
R.
– E’ chiaro ed evidente che il Cisp si concentri sull’aiuto alle famiglie Saharawi
che vivono negli accampamenti nel sud dell’Algeria, vicino alla città di Tindouf.
I progetti sono stati tanti in questi anni ed in particolare si concentrano su un
supporto alle istituzioni e le associazioni Saharawi nell’ambito della gestione degli
aiuti umanitari. In particolare noi ci occupiamo di monitorare e di seguire tutto
quello che riguarda la distribuzione degli aiuti alimentari. Poi abbiamo progetti
anche di prevenzione nell’ambito sanitario rispetto a malattie come l’epatite. Attualmente
siamo impegnati a fare studi proprio riguardo allo stato di salute e rispetto all’impatto
degli aiuti sulla situazione che regna nei campi Saharawi. Di conseguenza lavoriamo
con l’Unhcr così come con l’Echo e in strettissima collaborazione con le istituzioni
Sarawi e in particolare con la mezzaluna rossa Saharawi.
D. – Come si
può spiegare, se c’è una spiegazione, il fatto che qualcuno abbia voluto colpire le
organizzazioni non governative rapendo questi volontari?
R. – Io sono
rientrata dai campi sabato pomeriggio. Regna l’assoluta sicurezza e tranquillità nel
lavoro e nelle relazioni con i Saharawi e tra noi Ong. La cosa è stata assolutamente
inattesa, imprevedibile, e siamo tutti scioccati da quello che è successo. Non sappiamo
nulla. Mi sembra evidente che gli stranieri siano un obiettivo.(bf)