Lungo incontro dell'Ecofin per accordo su Fondo salva Stati e perdite banche
I Paesi dell'Eurozona terranno un altro Eurogruppo d'emergenza nel pomeriggio, subito
dopo la riunione di stamattina che ha dato il via libera alla sesta tranche
di aiuti alla Grecia, che aspetta ora il nulla osta del Fondo monetario internazionale
(Fmi), ma non ha raggiunto un accordo su fondo salva-Stati e situazione delle banche.
Il servizio di Fausta Speranza:
La crisi
dei debiti fa saltare gli schemi Ecofin e per la prima volta l’Eurogruppo, dopo l’incontro
di ieri sera e di questa mattina, si ritrova di nuovo nel pomeriggio. La crisi lo
impone e, in particolare, domani c’è il summit dei leader europei al quale si vuole
arrivare con qualche accordo. Secondo diverse fonti, l'Eurogruppo di ieri sera è stato
dei più litigiosi che l'Eurozona ricordi: il presidente, Jean Claude Juncker, ha cancellato
la consueta conferenza stampa, lasciando trapelare che le divergenze tra Germania
e Francia ostacolano le decisioni e quindi una soluzione rapida al problema dei debiti.
C’è poi lo scontento di alcuni Paesi che non riconoscono progressi sostanziali da
parte della Grecia, la cui situazione continua a peggiorare. La riunione dell'Ecofin
di oggi dovrebbe dare almeno una risposta sulla ricapitalizzazione delle banche A
questo proposito, Juncker è stato chiaro: le banche esposte in Grecia dovranno subire
“perdite sostanziali”. E le cifre che girano considerano una forchetta tra il 40%
e il 60%. Dunque, i nodi da sciogliere sono: aumento della potenza del Fondo e perdite
delle banche esposte sul debito greco. In vista del vertice di domani, si profila
in serata un pre-vertice Merkel-Sarkozy-Van Rompuy-Barroso, al quale potrebbero aggiungersi
anche il presidente della Bce, Trichet, e quello dell'Fmi, Christine Lagarde. A parlare
di “vero pericolo” per tutte le economie europee è il ministro delle Finanze britannico,
George Osborne, che sottolinea la “crisi dei debiti che agita la zona euro”. Ma il
ministro britannico afferma pure che si cercherà di trovare una soluzione completa
alla crisi, con misure a lungo termine, perchè "è anche nell'interesse di Londra”.
Croazia:
no a processi in Serbia di cittadini croati per crimini di guerra Il parlamento
croato ha approvato ieri la legge che dichiara nulle e prive di ogni valore legale
le procedure della giustizia serba e della ex Jugoslavia a carico di cittadini croati,
sospettati di crimini di guerra compiuti durante il conflitto armato del 1991-1995.
Il provvedimento era stato annunciato poco dopo l'invio da parte della giustizia serba
di atti d’accusa a carico di un gruppo di esponenti ed ex dirigenti politici e veterani
croati, sospettati di genocidio e rivolta armata. Critiche da Belgrado, secondo cui
il provvedimento "non contribuisce alla riconciliazione nella regione". Dall’Unione
Europea erano giunte voci di preoccupazione per i contenuti della legge prima del
voto.
La Tv turca parla di 53 terroristi del Pkk uccisi in operazione nell’est
Paese Nell'operazione di terra che le Forze armate turche stanno conducendo
soprattutto nell'est della Turchia, ma anche in territorio iracheno, sono stati uccisi
“53 terroristi” del Pkk: lo riferisce il canale televisivo pubblico turco Trt. L'operazione,
condotta anche con aerei ed elicotteri fin dall'altro ieri, prosegue come mostrano
immagini della stessa emittente.
Eletti 4 dei 5 nuovi membri Onu per 2012-2013 Marocco,
Pakistan, Guatemala e Togo sono quattro dei cinque nuovi membri non permanenti del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2012-2013. Rimane da assegnare
ancora un seggio, quello riservato alla regione dell'est Europa. Dopo nove turni di
votazione, l'Assemblea Generale ha aggiornato a lunedì prossimo la riunione per eleggere
l'ultimo componente, rinviando il ballottaggio tra Slovenia e Azerbaijan. Secondo
quanto stabilito dalla carta dell'organizzazione internazionale, i posti vengono assegnati
in base ai gruppi regionali: tre sono appannaggio di Africa e Asia-Pacifico, uno dell'Europa
dell'Est e dell'America Latina e Caraibi. I delegati dei 193 Paesi dell'Assemblea
generale Onu hanno votato con scrutinio segreto gli Stati che dal primo gennaio prossimo
sostituiranno le nazioni uscenti: Gabon, Libano, Brasile, Nigeria e Bosnia Erzegovina.
Per essere eletti, i nove candidati dovevano ricevere la preferenza dei due terzi
dell'Assemblea. Il Pakistan sarà presente in Consiglio di Sicurezza per la settima
volta da quando è entrato a far parte delle Nazioni Unite nel 1947. Si tratta del
terzo mandato per il Marocco e del secondo per il Togo. Il Guatemala, unico Paese
a non avere avuto concorrenti nella sua area regionale, farà invece parte dei Quindici
per la prima volta. I nuovi eletti siederanno in Consiglio insieme a India, Colombia,
Germania, Portogallo e Sud Africa, gli altri cinque membri non permanenti in carica
fino alla fine del 2012. Oltre ai cinque Stati permanenti con diritto di veto: Francia,
Stati Uniti, Russia, Cina e Inghilterra.
Scontri a Mogadiscio: uccisi finora
70 militari dell’Unione Africana In Somalia, si continua a combattere. In totale
sarebbero oltre 70 i soldati della forza di pace dell'Unione Africana uccisi dai miliziani
somali da quando è iniziata l'offensiva nella capitale. Al momento i fondamentalisti
islamici di al Shabab controllano Mogadiscio e gran parte delle regioni del Paese.
Si accentuano anche le tensioni con il Kenya dopo l'intervento dell'esercito regolare
avvenuto venerdì e sabato, nella zona di confine con la Somalia. Secondo gli analisti,
l’intervento è servito per garantire sicurezza al campo profughi di Dadaab e alle
località turistiche della costa. Inoltre, Nairobi ha intensificato le misure antiterroristiche:
ieri, due uomini sono stati arrestati perché sospettati di far parte della rete di
Al Shabab. Non si placa intanto il dramma dei profughi. Molti, infatti, continuano
a dirigersi verso nord, per intraprendere la traversata del Golfo di Aden, rischiando
la vita in mare.
Risoluzione Onu condanna della violenza da parte del governo
yemenita Gli Stati Uniti esprimono soddisfazione per “la forte azione” intrapresa
dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, che ha adottato all'unanimità una risoluzione
di condanna per l'uso della violenza da parte del regime yemenita contro le manifestazioni
per la democrazia. “Oggi, la comunità internazionale ha inviato senza ambiguità un
segnale al presidente (Ali Abdullah) Saleh, affinchè risponda alle aspirazioni del
popolo yemenita e accetti immediatamente la transizione dei poteri”, ha scritto in
una nota il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Mark Toner. La risoluzione 2014
approvata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu “chiede al presidente Saleh di firmare
e applicare un accordo politico sulla base dell'iniziativa del Consiglio di Cooperazione
del Golfo (Ccg) senza ritardi, chiede alle parti di astenersi dall'uso della violenza
e sollecita le autorità yemenite a proteggere i diritti universali dei cittadini yemeniti”,
ha sottolinato ancora Toner. Il piano del Ccg prevede tra le altre cose la garanzia
dell'immunità per Saleh e la sua famiglia, in cambio della cessione del potere ad
un governo di transizione.
Domani elezioni in Tunisia: le prima del dopo
Ben Ali In Tunisia, domani, i cittadini saranno chiamati al voto per le elezioni
legislative, le prime dopo la “Rivoluzione dei gelsomini” che ha provocato la caduta
del presidente Ben Ali. A descrivere il clima che ha caratterizzato la campagna elettorale,
nell’intervista di Davide Maggiore è Tommaso Caprioglio, analista giuridico
della missione di osservazione dell’Unione Europea, presente nel Paese da settembre:
R. - Attualmente,
la situazione è assolutamente tranquilla. Io credo che ci sia nel Paese molto attesa
e anche molta serenità. Ogni tanto sui giornali, anche sui social network, ci sono
delle impennate in cui parte della popolazione si sente più spaventata per qualche
messaggio che non viene compreso. Generalmente, però, credo sia più che altro ansiosa
di poter manifestare liberamente e democraticamente il suo voto. Ritengo che l’esempio
della Tunisia potrebbe essere fondamentale per guidare anche tutti gli altri Paesi
della “primavera araba”.
D. - Quali sono i compiti della missione dell’Unione
Europea, la più numerosa tra quelle presenti in Tunisia?
R. - I nostri
compiti sono, per l'appunto, quelli di seguire tutto il processo elettorale e non
unicamente il giorno dello scrutinio. Noi qui siamo in qualità di osservatori e non
stiamo facendo dell’assistenza tecnica: alla fine della nostra missione, quindi, faremo
sicuramente delle raccomandazioni alla Commissione elettorale per i prossimi scrutini.
D. - Quali sono le possibili difficoltà tecniche da prendere in considerazione
in un contesto come questo?
R. - Sicuramente, qui in Tunisia, la caratteristica
principale è il grande numero di liste presenti, ma in un panorama come quella di
una rivoluzione è alquanto comune. Anche perché il voto è col sistema proporzionale
e quindi è come se stessimo per vivere 27 elezioni, circoscrizione per circoscrizione
in Tunisia, e 6 elezioni differenti dell’estero. E' un panorama molto complesso e
per la prima volta le autorità stanno organizzando delle vere elezioni. La Commissione
elettorale esiste solamente dal mese di maggio: i giudici elettorali non avevano mai
operato in questa veste. Tutti gli attori, tutti gli interlocutori si trovano veramente
per la prima volta davanti ad una grande sfida.
D. - Che bilancio si
può dare della campagna elettorale e del suo svolgimento concreto?
R.
- La campagna elettorale è stata “tiepida”. Spesso i partiti spesso - soprattutto
le liste indipendenti - anche per mancanza di mezzi e anche per una regolamentazione
molto stretta della campagna elettorale, non hanno potuto effettivamente essere visibili.
Il criterio del finanziamento della campagna elettorale ha fatto sì, in concreto,
che non si siano viste delle grandissime disparità: le liste hanno dovuto limitare
o concentrare i loro sforzi di campagna solamente in pochi eventi. Fortunatamente,
i candidati hanno avuto la massima libertà nell’effettuare la campagna. (mg)
Arabia
Saudita: morto l’erede al trono È morto l'erede al trono dell'Arabia Saudita,
il principe Sultan bin Abdul Aziz. Nato ufficialmente il 5 gennaio 1928, a Riyad,
ma secondo alcune fonti occidentali sarebbe nato nel 1924, era il quindicesimo figlio
del Re Abudul Aziz e di sua madre principessa Hassa Al-Sudairi. Il principe, il primo
nella linea di successione, è stato ministro della Difesa, ed era dal mese di giugno
negli Stati Uniti per esami medici e negli ultimi anni si era assentato dal suo Paese
diverse volte per motivi di salute.
Domani elezioni in Argentina: favorita
la presidente, divisa l’opposizione Secondo molti analisti la presidente dell’Argentina,
Cristina Fernandez de Kirchner, uscirà vincente dalle elezioni di domani con un distacco
“storico'' sui suoi avversari. In molti prevedono anche come conseguenza grandi sfide
sul piano economico, sociale e della sicurezza, di fronte a un'opposizione che soffre
di una crisi definita dai media “monumentale''. Il servizio di FrancescaAmbrogetti:
Nell’angolo
del quadrilatero opposto alla Kirchner, c'è un’opposizione debole e divisa: nessuno
degli esponenti è stato in grado di presentare un programma convincente. Dopo le elezioni
primarie di agosto, una specie di prova generale di quelle di domani, le intenzioni
di voto per Cristina Kirchner non hanno fatto altro che salire. Il solo candidato
che, secondo i sondaggi, potrebbe crescere è il socialista Hermes Binner,
ma nelle migliori delle ipotesi gli si attribuisce il 20 per cento: ben al di sotto
del 55, che dovrebbe andare al partito al governo. Uno scarto incolmabile e inedito
nella storia elettorale argentina. I grandi sconfitti saranno - si prevede - i candidati
del partito di centro Unione civica radicale e della dissidenza peronista di destra.
Il previsto avallo delle urne al governo non stupisce gli osservatori, che lo attribuiscono
in parte alla crescita sostenuta dell’economia, dopo la grave crisi di quasi 10 anni
fa. Inflazione, insicurezza e denunce di corruzione, alcuni dei problemi sull’altra
faccia della medaglia, bersaglio delle critiche dell’opposizione, non fanno paura
- a quanto pare - alla maggior parte degli elettori.
Rapporto governo
indiano: metà dei bambini malnutriti Quasi la metà dei bambini indiani al di
sotto dei cinque anni soffre di malnutrizione, mentre il 70% accusa sintomi di anemia.
È quanto si legge in un rapporto del governo sullo sviluppo sociale presentato ieri
a New Delhi e relativo all'anno 2008-2009. Le statistiche dell'Human Development Report
2011 hanno rivelato che stranamente a soffrire la fame sono gli Stati più industrializzati,
come il Gujarat e il Maharashtra, piuttosto che quelli più poveri e arretrati, come
Bihar e Uttar Pradesh. Il rapporto è basato su tre indicatori: istruzione, salute
e standard di vita (casa, elettricità e telefono). Su quest'ultimo parametro ci sono
stati dei progressi. Il numero di case con la luce elettrica è passato dal 64% al
75% dal 2002. Ma è ancora allarmante la situazione delle condizioni sanitarie: la
metà delle abitazioni indiane non dispone di servizi igienici. In un distretto del
Maharashtra (dove sorge Mumbai), chiamato Melghat, sono morti 500 bambini in un anno,
tra cui 266 negli ultimi quattro mesi, come hanno ammesso le autorità locali.
Vittoria
indios: la strada nella riserva amazzonica Isiboro Securè non si farà Il presidente
boliviano, Evo Morales, ha annunciato ieri che la strada nella riserva dell'Isoboro
Securè non si farà e ha rinviato la questione al parlamento affinché queste terre
vengano dichiarate "intoccabili". É una vittoria per gli indios della selva, che per
70 giorni e 610 chilometri hanno camminato dalle Terre basse fino alla capitale affrontando
anche episodi di repressione della polizia. (Panoramica internazionale a cura di
Fausta Speranza e Giovanni Cossu)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 295