Libia: stop della missione Nato entro il 31 ottobre. Il Cnt annuncia: elezioni in
8 mesi
Vertice fiume a Bruxelles per decidere le sorti della Libia dopo la morte di Gheddafi:
la missione terminerà il 31 ottobre, fa sapere il segretario generale della Nato,
Rasmussen, ma restano divergenze tra i Paesi alleati. E mentre spuntano nuovi dettagli
sull’uccisione del Colonnello, il Cnt nega l’autopsia sul suo corpo, poi assicura:
entro otto mesi elezioni per un nuovo congresso nazionale. Il servizio di Cecilia
Seppia:
Un lunghissimo
vertice a Bruxelles, per fare il punto della situazione dopo la caduta di Gheddafi,
poi l’annuncio del segretario della Nato, Rasmussen: il 31 ottobre, dice, sarà l'ultimo
giorno di operazioni militari in Libia. Durante l’incontro, non sono mancati dissidi
interni: Parigi ha insistito per uno stop immediato, Londra piuttosto caldeggiava
un ritiro graduale. Nel comunicato dell’Alleanza Atlantica spuntano poi nuovi dettagli
sull’attacco a Sirte che ha portato all’uccisione del Colonnello. Il comando militare
– si legge – al momento dell'assalto "non era a conoscenza della presenza di Gheddafi
nel convoglio di auto, identificato piuttosto come un "pericolo e una minaccia per
la popolazione": a bordo dei 75 veicoli sono state infatti rinvenute armi e munizioni
di ogni genere. Ma la Russia aspetta l’indagine dell’Onu per vederci chiaro. Intanto,
dopo il ragazzo con la pistola d’oro, salta fuori, in un video, un altro presunto
assassino di Gheddafi: sempre un giovane, in tenuta militare che sostiene di aver
catturato il rais prima di ucciderlo con due pallottole e di aver ricevuto da lui
l’offerta di oro e denaro in cambio della vita. Nonostante i dubbi sulle modalità
della sua morte, Il Cnt nega categoricamente l’autopsia sul corpo del rais, mentre
le tribù di Sirte chiedono che possa essere seppellito nella sua città natale. Sul
fronte interno, il premier Jibril annuncia elezioni per un congresso nazionale entro
otto mesi, ma prima – dice – "bisogna ristabilire l’ordine". Quindi, il monito: d’ora
in poi servono regole economiche e non scelte politiche sui contratti. Restano incognite
sulla sorte di Saif al Islam, figlio dell’ex leader libico, dato per morto dal Cnt,
forse invece ferito e fatto prigioniero, dopo aver tentato la fuga verso il Niger.
La moglie e la figlia di Muammar invece, secondo fonti di stampa algerine sarebbero
dirette verso un Paese del Golfo.
Più volte nei mesi scorsi, il Cnt aveva
rimandato la formazione di un governo nazionale di transizione, subordinandolo alla
sicurezza della popolazione. Anche ora, le nuove autorità libiche sembrano avere difficoltà
a trovare un accordo per guidare il Paese verso la democrazia. Lo conferma Gabriele
Iacovino, responsabile per il Nord Africa e il Medio Oriente del Centro studi
internazionali, intervistato da Luca Collodi:
R. - L’accordo
è mancato e tutto è stato posticipato a dopo la presa di Sirte. Adesso che la città
di Sirte è stata conquistata, il processo negoziale all’interno del Consiglio dovrà
andare avanti. Il problema è che, appunto, sono troppe le anime che dovranno essere
rappresentate…
D. - L’Islam che ruolo avrà in questo Consiglio nazionale
di transizione e nel futuro governo della Libia?
R. - Per adesso, il
panorama islamista libico all’interno del Consiglio nazionale di transizione non è
ancora rappresentato. Però è indubbio che le realtà islamiste all’interno del Paese
hanno svolto un ruolo importantissimo nella battaglia contro Gheddafi e proprio per
questo vorranno far sentire la propria voce all’indomani della caduta di regime.
D.
- C’è il rischio di guerra civile, oggi, all’interno della Libia?
R.
- Parlare di guerra civile è ancora un po’ prematuro. I grossi campanelli d’allarme
riguardano al momento la divisione all’interno delle varie anime della Libia e un
po’ l’altissimo numero di armi che in questi mesi è andato a crescere all’interno
del Paese.
D. - Molte delle quali non si trovano…
R. -
In parte non si trovano, anche perché i depositi di armi dell’esercito di Gheddafi,
una volta creatosi questo scontro all’interno del Paese, sono rimasti incustoditi.
In parte anche perché, di fatto, la guerra è stata foraggiata – diciamo
così – dall’estero: i ribelli sono stati aiutati dall’estero con l’introduzione
nel panorama libico di un numero elevato di armi. Il fatto che, in questo momento,
non vi sia un’autorità "super partes", che faccia comunque rispettare l’ordine e che
proceda al controllo di tutte queste armi, rappresenta certamente un pericolo.
D.
- A livello internazionale, l’Onu ha chiesto un’indagine sulla morte di Gheddafi,
mentre la Nato ha deciso per il 31 ottobre la fine della missione nel Paese: è la
decisione giusta secondo lei?
R. - Di fatto, adesso non vi è più il
motivo, o non dovrebbe più esservi il motivo, per continuare con le operazioni aeree,
anche perché il Paese dovrebbe essere “pacificato” una volta venuto meno il regime
di Gheddafi. Sicuramente, però, il supporto dei Paesi europei e degli Stati Uniti
dovrà essere forte per accompagnare le nuove istituzioni libiche nel processo di democratizzazione.
(mg)