Benedetto XVI agli Ordinari militari: anche i soldati sono chiamati a rispondere al
comandamento dell’amore
Formare i soldati ad essere testimoni di Cristo: è l’esortazione di Benedetto XVI
ai partecipanti all’Incontro internazionale per gli Ordinari militari, ricevuti stamani
in Vaticano. L’evento assume particolare importanza, collocandosi nel 25.mo anniversario
della Costituzione apostolica Spirituali militum curae, promulgata dal Beato
Giovanni Paolo II sugli Ordinariati militari. Stamani, nella Cappella Paolina, il
cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha celebrato una Messa per i partecipanti
all’Incontro. L'indirizzo d'omaggio al Papa è stato rivolto dal cardinale Marc Ouellet.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
“La dimensione
religiosa riveste speciale significato anche nella vita di un militare”: è quanto
sottolineato da Benedetto XVI che ha esortato gli Ordinari militari ad impegnarsi
nell’evangelizzazione del mondo castrense:
“Si tratta di formare
dei cristiani che abbiano una fede profonda, che vivano una convinta pratica religiosa
e che siano autentici testimoni di Cristo nel loro ambiente”.
Il
Papa ha ribadito che, specie dinanzi alla sfida della nuova evangelizzazione, la Chiesa
è chiamata a dare ai militari “un’assistenza spirituale, che risponda a tutte le esigenze
di una vita cristiana coerente e missionaria”. Per raggiungere questo scopo, ha avvertito,
occorre che i vescovi e i cappellani militari si sentano “responsabili dell’annuncio
del Vangelo” dovunque siano presenti i soldati e le loro famiglie. Quindi, ha indicato
quale deve essere la meta a cui deve tendere un militare cristiano:
“La
vita militare di un cristiano (...) va posta in relazione con il primo e il più grande
dei comandamenti, quello dell’amore a Dio e al prossimo, perché il militare cristiano
è chiamato a realizzare una sintesi per cui sia possibile essere anche militari per
amore, compiendo il ministerium pacis inter arma”.
Il
Papa ha menzionato in particolare quei soldati che fanno esercizio della carità, soccorrendo
le vittime di catastrofi, come pure i profughi, “mettendo a disposizione dei più deboli
il proprio coraggio e la propria competenza”:
“Penso all’esercizio
della carità nel soldato impegnato a disinnescare mine, con personale a rischio e
pericolo, nelle zone che sono teatro di guerra, come pure al soldato che, nell’ambito
delle missioni di pace, pattuglia città e territori affinché i fratelli non si uccidano
fra di loro”.
Vi sono tanti militari, ha detto ancora, che “vogliono
promuovere la pace e si impegnano da veri discepoli di Cristo a servire la propria
nazione favorendo la promozione dei fondamentali diritti umani dei popoli”:
“L’opera
di evangelizzazione nel mondo militare richiede una crescente assunzione di responsabilità,
affinché anche in questo ambito, vi sia un annuncio sempre nuovo, convinto e gioioso
di Gesù Cristo, unica speranza di vita e di pace per l’umanità”.
Il
Papa ha concluso il suo intervento ricordando quanto scrisse il Beato Karol Wojtyla
nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2002: “La vera pace è frutto
della giustizia”, ma poiché “la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta” va
“esercitata e in un certo senso completata con il perdono”.