La rivista "Terra Santa" celebra i suoi 90 anni con un convegno a Roma
In occasione dei 90 anni della propria rivista “Terrasanta”, 1921-2011, la Custodia
di Terra Santa promuove oggi un convegno dedicato all’informazione sui Luoghi Santi,
a Roma, presso l’Auditorium della Pontificia Università Antonianum. Il direttore della
rivista, Giuseppe Caffulli, traccia i momenti più importanti di questi 90 anni.
L’intervista è di Eliana Astorri:
R.
- La rivista “Terrasanta” nasce in un momento molto particolare della storia dell’Occidente
e non solo: è il 1921. In Medio Oriente è il momento del mandato britannico; è caduto
l’Impero Ottomano da qualche anno, al termine della Prima Guerra Mondiale; stanno
cambiando molte cose e le comunità cristiane e le istituzioni presenti in quei luoghi
- tra cui, appunto, la Custodia di Terra Santa - vivono un momento di grande rinnovamento
e di nuova apertura. Tra le iniziative che l’allora custode di Terra Santa, padre
Ferdinando Diotallevi, promuove - oltre alla costruzione di nuovi santuari, splendidi,
tra cui il Getsemani e il Monte Tabor - la fondazione di uno strumento per poter parlare
alle Chiese, alle comunità cristiane soprattutto dei Paesi di più antica evangelizzazione,
dell’Europa e dell’America. Ma per parlare di che cosa? Per parlare del luogo, del
luogo da cui tutto ha avuto inizio, da cui appunto nasce la nostra fede, dal luogo
dei luoghi dove la notizia - di cui parliamo anche in questo convegno - si è propagata
in tutto il mondo. Le tappe della storia di questi 90 anni sono molteplici: la rivista
è stata testimone di alcuni eventi importantissimi della storia del Medio Oriente,
che hanno poi avuto una ripercussione a livello storico e politico sul resto del mondo
e sul resto anche della Chiesa e delle Chiese cristiane. Ne cito solamente alcuni:
il passaggio e la nascita dello Stato d’Israele nel ’47-’48, con tutto quello che
ne è conseguito dopo; le visite dei Papi, la prima visita di Papa Paolo VI in Terra
Santa che ha segnato sicuramente la storia della Chiesa di questi ultimi decenni;
eventi anche tristi come la guerra dei “sei giorni”. La rivista è stata lo specchio
di tutta una serie di questioni e sfogliarla oggi dopo 90 anni significa ripercorrere
le pagine importantissime della storia di quei luoghi. C’è poi la grande avventura
dell’archeologia biblica: i frati francescani in Terra Santa, nella Facoltà di studi
biblici e archeologici di Gerusalemme, hanno compiuto - almeno in questi ultimi 100
anni - un lavoro straordinario a livello di archeologia e con lo scopo di rendere
ancora più presente, ancora più visibile il messaggio evangelico, provando quindi
anche attraverso le evidenze archeologiche quelle che sono le verità della fede. In
qualche modo, quindi, cercando di rintracciare quello che Paolo VI chiamava il “Quinto
Vangelo”, e cioè la terra e i luoghi, che conservano prove ancora più evidenti - se
ce ne fosse bisogno, sappiamo che non ce n'è - anche per gli scettici rispetto al
passaggio di Gesù su questa terra.
D. - Una rivista, quindi, che ha
seguito giorno dopo giorno il conflitto israelo-palestinese, i continui tentativi
di trovare una soluzione. Qual è il suo punto di vista sull’attuale situazione, dopo
l’ultimo vertice negli Stati Uniti?
R. - La rivista ha seguito in tutti
questi anni le vicende storiche ma sempre col punto di vista delle comunità cristiane,
sempre col punto di vista di chi non è solo interessato agli esiti della politica,
ma che - come dire - vuole dar conto della vita di tutti i giorni e di chi concretamente
si impegna per la pace e per la riconciliazione. Questo è il dato che emerge in tutti
questi anni. Chiaramente le prospettive di pace in Medio Oriente sono il desiderio
di tutti: ci si augura che prima o poi si trovi un assetto. Sicuramente la matassa
è molto complicata da sciogliere e non sarà un cammino immediato. Tutti si augurano,
anche in Terra Santa, che, prima o poi, la soluzione si possa trovare. Credo che
la soluzione si troverà in tempi più rapidi nella misura in cui anche le comunità
- le varie comunità - appartenenti alla componente arabo-musulmana, la componente
cristiana, la componente dell’ebraismo, sapranno trovare delle strade di dialogo e
di riconciliazione. La pace si fa prima sul terreno, che non nelle cancellerie degli
Stati. (mg)