Amnesty denuncia: da Usa, Europa e Asia valanghe di armi in Nord Africa
“Stati Uniti, Russia ed altri Paesi europei hanno fornito grandi quantità di armi
a governi repressivi del Medio Oriente e dell'Africa del Nord”, prima delle rivolte
che quest’anno hanno caratterizzato la cosiddetta "primavera araba", “pur avendo le
prove del rischio che quelle forniture avrebbero potuto essere usate per compiere
gravi violazioni dei diritti umani”. A denunciarlo è oggi Amnesty International, nel
rapporto dal titolo: "Trasferimenti di armi in Medio Oriente e Africa del Nord: le
lezioni per un efficace Trattato sul commercio di armi". A illustrare il documento
è Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International,
intervistato da Giada Aquilino:
R. – I Paesi
verso cui sono state inviate armi dal 2005 fino all’inizio della "primavera araba"
sono Bahrein, Egitto, Libia, Siria e Yemen. In questi ultimi due Paesi, Siria e Yemen,
la repressione è ancora in corso anche grazie a quelle armi che sono state inviate
da diversi Paesi dell’Unione Europea, Italia inclusa, ma anche dagli Stati Uniti,
dalla Russia, dalla Cina e dall’India. Sono armi che per definizione hanno una data
di scadenza infinita e dunque continuano a essere usate anche nei combattimenti in
corso in Libia in queste settimane.
D. – Dei vostri ricercatori si sono
recati, per esempio, in Siria e in Libia. Cosa hanno scoperto?
R. –
In Libia, hanno scoperto tante armi provenienti dai Paesi dell’Unione Europea che
ancora vengono utilizzate: nel porto di Misurata, in particolare, hanno rinvenuto
pezzi di munizioni a grappolo fornite dalla Spagna nel 2007. E e la Spagna, un anno
dopo, ha firmato la Convenzione sulle munizioni a grappolo che proibisce l’esportazione
di armi così letali. In Siria, abbiamo rinvenuto tante armi di provenienza da Paesi
dell’ex Unione Sovietica e che ancora oggi arrivano dalla Russia: quest'ultima destina
alla Siria il 10 per cento di tutte le sue esportazioni. Sempre in Siria, abbiamo
rinvenuto veicoli blindati prodotti e forniti dall’India e munizioni che la Francia
ha inviato tra il 2005 e il 2009 al governo di Damasco.
D. – Sono state
citate le munizioni a grappolo: ma in generale di quali armi stiamo parlando?
R.
– Di razzi, proiettili, fucili, materiali per l’artiglieria, obici, strumenti e agenti
chimici per il controllo delle manifestazioni, gas lacrimogeni, carri armati, armi
leggere, armi pesanti, veicoli blindati di altro tipo… E’ un elenco infinito purtroppo.
Il giro d’affari è incalcolabile. Pensiamo soltanto che gli Stati Uniti d’America,
per citare un caso, hanno venduto all’Egitto armi per un valore di un miliardo e trecento
milioni di dollari ogni anno.
D. – Perché, secondo Amnesty, si assiste
a un “fallimento degli attuali controlli sulle esportazioni di armi”?
R.
- Sono controlli molto blandi, non impediscono ad esempio "triangolazioni", per cui
un destinatario intermedio e insospettabile poi diventa soltanto colui che inoltra
le armi a Paesi che le usano per violare i diritti umani. Ci sono armi e prodotti
chiamati “a doppio uso” che possono essere, per esempio, tutti i materiali per la
caccia o le armi a uso sportivo: dipende dalle mani in cui finiscono, possono anche
diventare armi per la repressione. In generale, sono commerci legali perché hanno
dietro un’autorizzazione dei governi e spesso sono commerci pubblici, perché questi
dati vengono forniti ai registri dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, però sono
traffici che producono violazioni dei diritti umani.
D. – Quali strumenti
internazionali si rendono allora necessari?
R. – Amnesty International,
da diversi anni, insieme per esempio a Oxfam o alla Rete internazionale sulle armi
leggere, si è fatta promotrice di un Trattato internazionale sul commercio delle armi,
che attualmente è in discussione alle Nazioni Unite e che contiene una cosiddetta
regola aurea: quella che sottopone preventivamente ogni autorizzazione alle esportazioni
a una verifica sul destinatario e sul possibile uso di quelle forniture per violare
i diritti umani. Se questo Trattato sarà un Trattato serio, dovrà contenere un divieto
di esportare armi, qualora vi sia il rischio che vengano usate per compiere violazioni
dei diritti umani. (bf)