Rapite in Kenya due volontarie spagnole di Medici senza Frontiere
Rapite in Kenya due donne spagnole di “Medici senza Frontiere”. E’ successo ieri a
Dadaad, verso il confine con la Somalia, nel più grande complesso di campi profughi
al mondo che ospita migliaia di rifugiati. Salgono così a quattro le donne sequestrate
nell’area nell’ultimo mese. I sospetti si concentrano sui ribelli integralisti somali
degli Shabaab. Stefano Leszczynski ha intervistato il portavoce di Msf Italia,
Sergio Cecchini:
R. – Ieri
mattina una macchina di “Medici senza frontiere” è stata attaccata; è stato ferito
l’autista e due operatrici spagnole sono state prelevate con la forza dalla vettura
e purtroppo, al momento, non abbiamo ulteriori informazioni rispetto a questo incidente
che ha coinvolto “Medici senza frontiere”. E' l’ennesima conferma di quanto sia rischioso
e difficile poter operare in quelle zone, in particolare in Somalia e nei Paesi confinanti.
D.
– La sensazione è che ci sia una vera e propria strategia contro le organizzazioni
non governative in queste aree di conflitto. Chi ha interesse a colpire le ong?
R.
– Gli interessi possono essere di varia natura e, ogni volta, si scoprono realtà diverse.
Ciò che è evidente è che, appunto, colpire le organizzazioni umanitarie non significa
solo arrecare un danno alle persone direttamente coinvolte o al progetto dell’organizzazione
umanitaria, ma significa poi avere un impatto sulle popolazioni che le organizzazioni
umanitarie assistono.
D. – Uno dei più grandi campi profughi si trova
in Kenya. Qual è la situazione in questo campo? E soprattutto, continuano ad arrivare
persone in cerca di aiuto?
R. – Dadaab è per così dire un “girone infernale”:
per certi aspetti possiamo chiamarlo così. E’ il più grande campo rifugiati al mondo:
più di 400 mila persone, fuggite da oltre 20 anni di guerra in Somalia, si sono rifugiate
in questa area al confine tra il Kenya e la Somalia, dove sono sorti numerosi campi,
di cui Dadaab è il più grande. A Dadaab si sono radunate anche persone con ripari
di fortuna, per cui è una situazione estremamente complessa da gestire. All’interno
del campo sono frequenti anche episodi di violenza legati alla disperazione, ed è
estremamente difficile operare. I numeri sono impressioanti e le priorità sono quelle
di garantire assistenza medica di base, ambulatori, per evitare – appunto – la propagazione
di epidemie, per evitare il deterioramento delle condizioni di salute delle persone
che hanno trovato salvezza in questo campo. (gf)