Gli "indignados" in piazza oggi in tutti i continenti. Riccardo Moro: non solo per
la crisi
"Popolo del mondo in piazza il 15 ottobre per il cambiamento globale". Con questo
slogan si svolgeranno oggi manifestazioni degli 'indignados' in 791 città di 71 Paesi
in tutti i Continenti e, su internet, si terrà anche un’assemblea globale virtuale
sul tema. Dopo le dimostrazioni dei giorni scorsi, da New York a Madrid, da Atene
a Roma, dove nelle prossime ore sono attese 200mila persone, ma già stamani un gruppo
di indignados si è mobilitato in occasione del voto di fiducia in Parlamento, milioni
di persone manifesteranno contemporaneamente per rivendicare "diritti e politiche
sociali a sostegno dei giovani, dell'occupazione, del welfare". Si tratta dunque di
una mobilitazione contro la crisi economica in atto - e quindi contro ciò che l’ha
provocata - o c’è qualcosa in più? Giada Aquilino ha intervistato l’economista
Riccardo Moro, portavoce della GCAP, Global call to action against poverty:
R. – Credo
che la crisi conti moltissimo: è certamente l’occasione che scatena questa indignazione.
Penso che ci sia, però, anche qualcosa di più, nel senso che non è solo la crisi di
questi ultimi due o tre anni, ma è anche un’insoddisfazione generale di fronte ad
un mondo che fa un po’ fatica a trovare la sua identità in questa esigenza di cambiamento,
di sviluppo, di estensione del benessere, sistematicamente delusa se vediamo quello
che capita nel sud del mondo, dove i diritti fondamentali sono disattesi. All’illusione
che attraverso uno sviluppo economico, quello che noi nel nord del mondo abbiamo vissuto
per diversi decenni di seguito, si potesse trovare anche una sorta di – chissà – felicità,
è seguito il fatto che forse nel benessere non si trova così automaticamente tale
felicità: ciò crea anche una voglia di cambiamento, di un qualcosa di nuovo.
D.
– Precari, studenti, attivisti, ma anche gente comune si ritrovano in piazza contro
quella che hanno definito una “dittatura finanziaria delle banche e della speculazione
globale”. Quali effetti si pagano in questi anni di crisi ma - come lei ha detto -
anche di squilibri mondiali?
R. – Stiamo andando verso un mondo sistematicamente
“finanziarizzato”, in cui gli operatori bancari hanno un ruolo sempre più grande,
con un mercato che, di fatto, è senza regole e che, dunque, non impedisce la concentrazione
del potere. Il fatto che i più grandi sopravvivano e diventino sempre meno numerosi
e sempre più consistenti di dimensioni, con – tra l’altro – anche un processo di deregolamentazione,
cioè di riduzione delle regole, dei controlli che prima esistevano, porta ad una situazione
di vulnerabilità. La vulnerabilità si è determinata in modo clamoroso tra il 2007
e il 2008, con la caduta della Lehman Brothers. Il problema è che non
basta solo governare il mercato finanziario, bisogna anche creare degli strumenti
perché le popolazioni del sud del mondo vengano incluse nei nostri livelli di benessere.
In sostanza abbiamo bisogno di politica, abbiamo bisogno di una nuova centralità degli
Stati, ma in modo particolare delle istituzioni internazionali. Certamente, il fatto
grave è che la politica in tutti questi anni è stata per lo più afona e io credo che
appunto l’indignazione, in qualche modo, sia legittima, non solo perché c’è la crisi,
ma anche di fronte a tutti questi anni di silenzio, di timidezza della politica.
D.
– Quanto sono importanti nel quadro dei movimenti di protesta i social network, internet?
R.
– Sono fondamentali. I social network facilitano la partecipazione diretta, la trasmissione
delle informazioni, la costruzione di eventi, anche in tempi molto rapidi. Va detto,
però, che il rischio che abbiamo “domani” è che movimenti popolari di questo tipo
possano trasformarsi in movimenti un po’ populisti, che vanno dietro a quello che
è più fascinoso e che grida un po’ di più e che non è necessariamente l’espressione
democratica della base, ma potrebbe essere ancora una volta l’espressione di un’elite
più o meno autocostruita. Questo è un rischio che obiettivamente esiste. (ap)
Anche
in Italia, nella capitale, domani pomeriggio si svolgerà una grande manifestazione
di per rivendicare politiche sociali a sostegno dei giovani, dell’occupazione e del
welfare. 200 mila le persone previste. Intanto un appello ai manifestanti perché tutto
si svolga nel rispetto delle regole è arrivato dal ministro dell’interno Maroni e
dal sindaco Alemanno. Al microfono di Arcangelo Esposito la voce di alcuni
“indignati” romani