L'ordinario militare d'Italia: "Educare alla pace è una forma di carità"
“Essere palestra di formazione, luogo di apostolato, scuola di santità, perché i militari
riscoprano, in modo sempre più consapevole la chiamata alla perfezione della carità”.
È questa la “specifica missione” dell’Ordinariato militare nelle parole di mons. Vincenzo
Pelvi, arcivescovo ordinario militare per l’Italia, che oggi, ad Assisi, ha chiuso
il convegno annuale dei cappellani militari incentrato su “Annuncio del Vangelo e
testimonianza della carità”, tema - riferisce l'agenzia Sir - che segnerà l’anno pastorale
appena iniziato. “Mi riferisco, in particolare, ai giovani militari, che vanno aiutati
ad assumere maggiore coscienza dell’importanza della loro formazione, in vista degli
impegni che dovranno assumere, degli ideali più alti per i quali vale la pena soffrire
e lottare – ha detto mons. Pelvi - i nostri militari andranno sempre più educati a
spargere semi di Vangelo. Tra essi, in primo luogo, è l’offerta di un amore disinteressato
e gratuito”. “Se la carità è la sintesi della vita morale del credente, nessun cristiano
può esimersi dal praticarla – ha sottolineato il presule - neppure coloro che appartengono
alle forze armate. Solo l’anelito alla santità, mediante l’esercizio della carità,
perfeziona l’impegno dei militari e il servizio di sicurezza e concordia reso alla
famiglia umana. La vita militare con i suoi obiettivi che comportano l’uso della forza,
sia pure in casi estremi e solo per la difesa personale o delle istituzioni – ha proseguito
mons. Pelvi - sembrerebbe rendere problematica la possibilità di vivere il Vangelo
della carità e quindi di tendere realmente alla perfezione”. Partendo dall’esperienza
nei teatri operativi esteri, l’ordinario ha spiegato che “ci sono due modi di utilizzo
delle forze armate. Da un lato gli interventi con la loro potenza di distruzione e
di morte; dall’altro imponenti corpi militari dispiegati per il servizio dei profughi
in opere umanitarie. Quali di questi militari possono realizzare l’ideale evangelico
della carità? È troppo facile esaltare i secondi e additarli come ministri di solidarietà
e dunque di carità. Ma i primi sono davvero fuori da una condizione cristianamente
valida e quindi esclusi dalla chiamata a testimoniare il Vangelo?”. La risposta per
mons. Pelvi sta nella consapevolezza che “la vita la si può donare col martirio; la
si dà anche accettando il rischio e il tormento di una condizione fatta di incertezza
e disponibilità. Ma non c’è contraddizione tra il dovere di ostacolare l’aggressore
e il precetto dell’amore del nemico chiaramente espresso dal Vangelo. Se c’è una peculiarità
da sviluppare nella spiritualità dei militari questa è l’educazione alla pace come
forma specifica della carità”. (R.P.)