2011-10-12 14:46:54

Corno d'Africa: in Somalia ucciso un collaboratore di Sos Villaggi dei Bambini


Un collaboratore di Sos Villaggi dei Bambini, Ali Shabye, è stato ucciso a Mogadiscio. Negli ultimi tre giorni, la strada a nord della capitale somala che divide il villaggio Sos e l'Ospedale è stata teatro di scontri tra truppe governative e il gruppo Al Shabab. Fortunatamente i bambini accolti nelle case famiglia erano già stati trasferiti nel mese di agosto, per motivi di sicurezza, in un'altra area. La situazione nel Paese, soprattutto per i minori, resta drammatica. Il tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni in Somalia è allarmante: la media, secondo quanto emerge dai dati delle Nazioni Unite forniti dall’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, è di 15.43 morti ogni 10.000 bambini. In questo drammatico scenario, Sos Villaggi dei Bambini continua a sostenere la popolazione di Mogadiscio, dove migliaia di persone colpite dalla carestia hanno trovato rifugio in più di 180 campi, nonostante la mancanza di sicurezza e le forti restrizioni. A Mogadiscio, il Centro Medico nel campo rifugiati di Badbado, l’Ospedale Sos e i Centri di terapia alimentare, hanno distribuito cibo, cure mediche e nutrizionali a più di 11.700 persone, di cui più di 4.800 sono bambini sotto i cinque anni. Risposte concrete, preziose per rispondere alle necessità della popolazione del Corno d’Africa, arrivano in particolare anche dalle varie realtà missionarie cristiane. Il vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio esprime soddisfazione per “la risposta del mondo cattolico all’appello lanciato dal Santo Padre per la Somalia e gli altri Paesi del Corno d’Africa”. Il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, ha lanciato un appello per andare oltre la fase di emergenza, auspicando la creazione di una scuola in ogni villaggio, in modo da offrire una possibilità di sviluppo ai giovani. “Sono rimasto colpito dall’appello del cardinale Sarah – ha aggiunto mons. Bertin - anche perché prima di venire a Roma avevamo da poco inaugurato una scuola primaria nel villaggio di Itki, a nord di Gibuti. La scuola è stata costruita grazie ad una donazione dell’eredità di una signora, pervenutaci attraverso i miei confratelli francescani. La nostra preoccupazione – ha spiegato il presule le cui parole sono state riprese da Fides - è andare oltre la fase dell’emergenza, per far sì che in futuro non si verifichino crisi umanitarie di questa portata. Per questo occorre una strategia a lungo termine, che preveda aiuti al mondo agricolo e pastorizio locale per superare le sue fragilità strutturali che sfociano in queste tragedie. Occorre anche rivedere - conclude mons. Bertin - i meccanismi finanziari internazionali che rendono ancora più fragili i Paesi deboli”. (A.L.)







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