Accordo Hamas-Israele: rilascio dell'israeliano Shalit in cambio di 1000 detenuti
palestinesi
Con un accordo mediato dalla giunta militare egiziana, è arrivata l’intesa tra Hamas
e Israele per la liberazione, dopo più di cinque anni di prigionia, di Ghilad Shalit,
il militare israeliano prigioniero dal 2006 nella Striscia di Gaza sotto il controllo
di Hamas, in cambio del rilascio di un migliaio di detenuti palestinesi. Scene di
soddisfazione e giubilo si sono registrate sia nello Stato ebraico, sia a Gaza. Il
rientro di Shalit in Israele potrebbe avvenire già entro una settimana, dopo una tappa
al Cairo; mentre gli oltre mille detenuti palestinesi - tra cui non è incluso il leader
di Tanzim, Marwan Barghuti - saranno rilasciati in due fasi, una imminente e l’altra
fra due mesi. Sull’intesa raggiunta, Giada Aquilino ha intervistato Janiki
Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. – E’ un
accordo certamente importante, perché viene dopo anni e anni di detenzione di Shalit.
E’ anche un accordo che segna un compromesso. Certamente Israele ha accettato di lasciare
centinaia di terroristi che si erano macchiati di sanguinosi attentati e soprattutto
Israele può dare l’impressione di cedere solamente alla forza: mentre, con il negoziato,
Abu Mazen e l’Autorità nazionale palestinese hanno potuto trattare solo per poche
centinaia di prigionieri, Hamas con il rapimento ha ottenuto molto di più. Hamas a
sua volta, pur ottenendo il rilascio di 1027 prigionieri in più tranche, ha tuttavia
dovuto cedere essenzialmente sul fatto che molte centinaia di questi saranno espulse
fuori non solo dai Territori palestinesi, ma anche da Gaza. Quindi, è un accordo che
è stato ottenuto grazie alla paziente mediazione della nuova autorità egiziana e anche
con il contributo del mediatore tedesco, inviato da Angela Merkel.
D.
– Hamas al momento è stretta tra l’assedio israeliano, il blocco internazionale e
la pressione delle autorità di Ramallah che chiedono il riconoscimento della Palestina
all’Onu. Perché ora Hamas ha deciso di accettare l’accordo con Israele? Ci sono state
anche delle forze o dei motivi esterni?
R. – Certamente. Hamas era rimasta
abbastanza isolata ai margini, nel momento in cui Abu Mazen si era presentato all’Assemblea
generale dell’Onu e aveva pronunciato quel discorso così applaudito. Adesso, certamente,
Hamas rientra al centro dell’attenzione perché, da un lato, l’iter per il riconoscimento
dello Stato palestinese si sta arenando nei meandri del Consiglio di Sicurezza e,
dall’altro, c’è il fatto che sul terreno ora, col rilascio di questi mille prigionieri,
ci saranno manifestazioni di massa a favore di Hamas e ci saranno quindi cortei. Tuttavia
Hamas ha dovuto cedere anche per la congiunta pressione - da un lato - della sempre
più critica situazione che ha in Siria, dove il suo rapporto con Assad è stato incrinato
dal fatto che Hamas è sostanzialmente solidale con quelli che stanno facendo le manifestazioni
e che sono guidati dalla Fratellanza Musulmana, di cui Hamas è una costola, e - dall’altro
- dalla pressione molto decisa del Cairo che, in qualche maniera, ha imposto l’accordo.
D. – Israele perché ha siglato ora l’intesa? Su Netanyahu
pesano pressioni particolari?
R. – Si temeva che lo sviluppo delle rivoluzioni
arabe potesse solo peggiorare le possibilità di rilascio del soldato Shalit e quindi
hanno preferito portarlo a casa. E’ la prima volta che riescono a portare a casa un
soldato vivo, da 26 anni a questa parte. Altro elemento è che, per lo meno sul breve
periodo, Netanyahu avrà un bagno di popolarità. (ap)