Liberia: alle elezioni in lizza anche la neo Premio Nobel per la pace
Oggi la Liberia alle urne per eleggere il proprio presidente della Repubblica. A contendersi
la carica sono la presidente uscente, Ellen Johnson-Sirleaf, che ha ottenuto quest’anno
il Nobel per la pace, e altri 15 candidati, tra i quali Winston Tubman, considerato
uno dei favoriti, oltre all’ex calciatore, George Weah. Si tratta del secondo voto
presidenziale della Liberia dopo un conflitto durato 14 anni e conclusosi solo nel
2003. Nel Paese, che ancora lavora al consolidamento di una fragile pace, si trovano
anche 9.200 caschi blu della missione Unmil. Sulle imminenti elezioni e il loro significato
per il Paese, Stefano Leszczynski ha intervistato Vittorio Scelzo, esperto
di questioni liberiane:
R. – In questi
giorni, il nome della Liberia è associato alla parola “pace”, al Nobel che è stato
dato a due donne liberiane. È una buona notizia, dopo anni in cui al nome Liberia
si associava la guerra, la guerra per i diamanti di sangue, lo sfruttamento dei bambini
soldato. Oggi, effettivamente, per la Liberia si apre un capitolo nuovo, che si è
iniziato con la fine della guerra civile, con le prime elezioni che ha vinto Ellen
Johnson-Sirleaf. E oggi questo Nobel per la pace, queste nuove elezioni, segnano il
consolidamento di una stagione nuova.
D. – Tuttavia, resta un Paese
con forti tensioni. Anche le Nazioni Unite hanno prolungato il mandato della propria
missione nel Paese. Quali sono i pericoli?
R. – Il Paese è segnato da
14 anni di una guerra civile molto dura: tanta gente, tanti giovani sono cresciuti
nella cultura della guerra e tante armi hanno girato e girano nel Paese. Quindi, è
importante che si continui a tenere sotto stretto controllo il problema della riconciliazione.
La Commissione Verità e Giustizia, purtroppo, non ha funzionato come in altri Paesi
africani. Quindi, c’è un problema serio di riconciliazione nel Paese. Ma credo che
queste elezioni siano anche il segnale di qualcosa che cambia, qualcosa che si muove
e di una pace che si consolida.
D. – Una pace che si consolida e che
ha bisogno, tuttavia, anche di una forte politica di sviluppo per migliorare le condizioni
di vita nel Paese. Cos’è che manca, praticamente, in Liberia?
R. – Mancano
tante cose, anche se il Paese ha visto uno sviluppo molto positivo in questi ultimi
anni. Io insisterei, però, sul fatto che c’è bisogno di dare una speranza di pace
soprattutto alle giovani generazioni. Io ricordo che, quando noi della Comunità di
Sant’Egidio abbiamo lavorato per la fine del conflitto, durante le ultime fasi della
Seconda Guerra Civile liberiana, il problema era che si incontravano giovani che non
avevano una visione per il futuro. Anche le nostre comunità presenti lì ci dicono
che c’è il problema di nutrire una speranza per il futuro, di avere una visione pacifica
per il futuro. Credo che in questo senso gli accadimenti di questi giorni siano un
segnale sicuramente positivo e che ci sia uno spazio per costruire un futuro più pacifico
per questo Paese. (ap)