2011-10-10 15:54:03

Giornata mondiale contro la pena di morte


Si celebra oggi la Giornata Mondiale contro la pena di morte. Nonostante le numerose iniziative tese a limitare questa pratica, che ha poco a che fare con la civiltà giuridica e umana, come sospensioni e moratorie, ancor oggi la pena capitale è una piaga che interroga la coscienza del mondo civile. Giustizia e messa a morte sono termini antitetici. Perché è difficile ancor oggi affermare questo principio? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:RealAudioMP3

R. – Io penso che la pena di morte abbia il fascino delle soluzioni semplificate: dà in pasto all’opinione pubblica l’idea che si sia forti contro il crimine. In realtà c’è un enorme non rispetto della vita umana e della giustizia, perché lo Stato si abbassa al livello di chi uccide. C’è un problema culturale, c’è un problema politico di classi dirigenti, ma si sta restringendo a livello planetario.

D. - E’ giusto dire che sinché sarà in uso nelle grandi potenze, come Stati Uniti e Cina, sarà impossibile debellare la pena di morte?

R. – Io credo che in realtà ci siano due grandi movimenti di contrazione dell’uso della pena di morte sia in Cina che negli Stati Uniti. La Cina è forse lo Stato al mondo dove stanno calando più rapidamente le esecuzioni per motivi tecnici, amministrativi, che hanno tolto alle corti periferiche alcuni poteri e che stanno restringendo i casi in cui si commina la pena di morte. Quindi, dal punto di vista materiale, le migliaia di esecuzioni che avvengono ogni anno si stanno riducendo proprio a causa della Cina. Negli Stati Uniti, ci sono fatti terribili e clamorosi, come l’uccisione di Troy Davis, ma siamo ad un livello di esecuzioni che rimane tra i più bassi negli ultimi 15 anni e c’è un forte movimento di opinione che sta crescendo. Le famiglie delle vittime, in particolare, hanno sempre più peso nel chiedere di non usare più la pena di morte e Connecticut, California, altri Stati americani potrebbero andare nella direzione dell’abolizione. Quindi, io credo che ci sia un grande e forte movimento anche in quei Paesi.

D. – Anche perché non c’è alcuna ricaduta positiva sul tessuto sociale, a livello di sicurezza, nei Paesi in cui c’è la pena di morte...

R. – No, la cosa surreale è che non c’è nessun rapporto tra la curva dei crimini, le curve delle sentenze capitali e la curva delle esecuzioni. Non c’è nessun rapporto, cioè, tra sicurezza e pena di morte. Credo al contrario che quando si elimina la pena di morte, per esempio, si avviano percorsi di riconciliazione. Penso alla Cambogia, al Rwanda, al Burundi, Stati lacerati da guerra civile e genocidio.

D. – Adesso in area europea c’è un Paese che ancora adotta la pena capitale, l’ultimo: la Bielorussia. Si può fare qualcosa?

R. – L’Unione Europea in questo è fortemente impegnata all'interno del Consiglio d’Europa. Noi poi sosteniamo organizzazioni umanitarie che dall’interno lavorano a questo, come è accaduto in Uzbekistan, in Kazakistan: tutti percorsi che sono stati incoraggiati e sostenuti dall’esterno. La Bielorussia è un Paese che ha rapporti commerciali sia con l’area Est che con l’area Ovest eurasiatica. Io spero che troveranno conveniente cambiare. (ap)







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