Lettera aperta del vescovo di Rimini al Beato Alberto Marvelli
“Caro Alberto, io non so bene come funzionino le cose lassù da voi, ma mi piace immaginare
che ci debba pur essere da qualche parte nella Gerusalemme celeste un ampio, comodo
balcone dal quale - non saprei dire se a turno o tutti insieme - voi, beati, angeli
e santi, vi potete affacciare per scrutare dall'alto l'intero panorama del nostro
minuscolo globo terrestre”. E’ quanto scrive il vescovo di Rimini, mons. Francesco
Lambiasi, nella lettera aperta al beato Alberto Marvelli. Il testo, letto ieri nella
chiesa di Sant'Agostino durante la Santa Messa in occasione della festa del beato,
è incentrato sul tema della terza beatitudine, quella della mitezza. Mons. Lambiasi
ricorda gli orrori del periodo vissuto dal beato Alberto Marvelli: “Tu – scrive il
presule - hai conosciuto gli orrori della Seconda Guerra mondiale, sei rimasto agghiacciato
per l'ecatombe dell'Olocausto, per le bombe atomiche sul Giappone”. Ma anche il mondo
di oggi è scosso da terribili piaghe: “Ogni giorno – aggiunge il vescovo di Rimini
- muoiono per fame e malattie infettive ben 26mila bambini, 1 ogni tre secondi, e
nella sola Rimini si contano ogni anno oltre 800 aborti, in media più di 2 al giorno”.
Il vescovo quindi si domanda: Che cosa significa per noi cristiani del Terzo millennio
far risuonare il Vangelo della terza beatitudine: “Beati i miti, perché avranno in
eredità la terra?” Gesù – ricorda mons. Lambiasi - è il prototipo dei miti. “Alla
violenza non oppose violenza; contrappose il martirio, cioè la testimonianza: Sono
venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità (Gv 18,37)”. “Caro Alberto
– scrive mons. Lambiasi nella lettera - aiutami ora a leggere questa beatitudine della
mitezza con qualche brano di quel quinto vangelo, rappresentato dalla tua vita”. La
lettera si conclude con una “raccomandazione”: “Caro Alberto abbi un occhio di riguardo
per i nostri giovani cristiani. Aiutali a crescere vigorosi senza mai diventare violenti,
benevoli senza mai diventare arrendevoli, pazienti senza mai diventare né indignati
né rassegnati. Chiedi al tuo e nostro onnipotente, amabilissimo Gesù, di ottenere
per tutti e ognuno di loro la grazia di una mite fortezza e di una forte mitezza”.
Il Beato Alberto Marvelli, nato a Ferrara il 21 marzo del 1918, durante la Seconda
Guerra mondiale si prodigò nell'opera dei soccorsi. Rimini fu il centro della sua
vita e della sua opera. Al termine del conflitto si impegnò, in particolare, nella
ricostruzione e nel 1945 entrò a far parte della "Società Operai di Cristo". Si dedicò
generosamente nell’Italia del dopoguerra, all’attività politica ispirata ai principi
cristiani. Morì il 5 ottobre 1946, a 28 anni, investito da un autoveicolo militare
delle truppe di occupazione. Papa Giovanni Paolo II, il 29 agosto 1982, lo indicò
a migliaia di giovani, convenuti a Rimini per il “Meeting dell’amicizia”, come modello
da seguire per la gioventù cattolica. E' stato beatificato da Giovanni Paolo II il
5 settembre del 2004 a Loreto. (A.L.)