Il priore della Certosa: la presenza del Papa è un messaggio di speranza per tutta
la Calabria
Il Papa arriverà a Serra San Bruno, nel pomeriggio di domenica prossima, dopo aver
passato la mattina a Lamezia Terme. Ad accoglierlo, tra gli altri, sarà anche il priore
della Certosa di Serra San Bruno, padre Jacques Dupont. Hélène Destombes
lo ha intervistato:
(musica)
R. - Que le Pape pense à la Calabre, que le Pape vient ici… Il
fatto che il Papa pensi alla Calabria, che il Papa venga qui - nel cuore di un contesto
molto, molto difficile dove i giovani non trovano lavoro e decidono di andare via
perché questa regione ha un futuro molto incerto - spero che riesca ad aprire gli
occhi e invitare tutti coloro che hanno delle responsabilità a prendere delle decisioni,
ad attuare delle misure che possano dare un futuro a questa regione e, quindi, anzitutto
ai giovani.
D. - Lei accoglierà Benedetto XVI a Serra San Bruno; lei
sarà al suo fianco nella celebrazioni dei Vespri, domenica sera: che si attende da
questa visita?
R. - Nous nous sommes surtout très, très reconnaissants…
Noi siamo, soprattutto, molto, molto riconoscenti, perché è il Papa che
è voluto venire da noi: non mi sarei mai permesso di sperare questo … Quindi molto,
molto riconoscenti a Dio per averci dato questa grazia, per averci fatto questo regalo
immenso; molto riconoscenti al Santo Padre che sia riuscito, nella sua agenda di impegni
così intensa, a trovare due ore per vivere e stare con noi, anzitutto per pregare
con noi. Noi speriamo ci dia un incoraggiamento a restare fedeli alla nostra vocazione.
Il Papa è fortemente legato alla spiritualità monastica e confido che ci confermerà
e ci incoraggerà a essere sempre più figli di San Bruno.
D. - Come
si svolge la vita a Serra San Bruno e che legame avete con la popolazione della Regione?
R.
- Il ya un lien surtout spirituel… C’è anzitutto un legame spirituale: noi
siamo un ordine contemplativo e viviamo in clausura. Questo vuol dire che a Serra
San Bruno si vive una situazione particolare, proprio perché questo piccolo paese
è nato accanto alla Certosa, anzi è nato dalla Certosa. Posso dire che la gente è
molto, molto legata a noi; fa parte della loro stessa identità di vivere accanto alla
Certosa. Ci rispettano, rispettano la nostra solitudine: noi siamo molto riconoscenti
per il loro aiuto e crediamo che trovino in noi un punto di riferimento spirituale,
un sostegno perché la vita qui, in Calabria, non è certo facile. Penso al mondo del
lavoro, alla mafia … e credo che il fatto di sapere che i certosini sono presenti
con la loro preghiera, dia loro certamente conforto e incoraggiamento.
D.
- In cosa, dunque, la vostra presenza può costituire un segno di speranza per questa
terra?
R. - Je crois que c’est une réponse que l’on peut donner dans
la foi… Credo che questa sia una risposta da ricercare nella fede: la nostra
vita è una vita consacrata alla preghiera. Noi siamo qui per dire che c’è un Dio,
un Dio che è al di sopra di tutti gli avvenimenti della terra, ma che è anche molto,
molto vicino a noi… Questo è quello che San Bruno ci insegna, perché San Bruno è un
uomo totalmente preso da Dio, è un uomo che ha scelto la solitudine per avere Dio
solo; ma allo stesso tempo, risponde con la bontà ed è molto vicino alla gente spiritualmente
e direi anche col cuore … E’ quello che credo la Certosa, insieme a San Bruno, è chiamata
a vivere: essere totalmente consacrati ad una vita contemplativa nel Signore, ma -
attraverso la preghiera e attraverso la nostra relazione con il Signore - essere con
le persone, quelle vicine e quelle meno vicine, perché noi preghiamo per tutti gli
uomini.
D. - Nella visita a Serra San Bruno, nel 1984, Giovanni Paolo
II vi aveva invitato a continuare a mostrare al mondo il vostro stile di vita, uno
stile di vita che, nel mondo d’oggi – aveva detto - è una “provocazione”…
R.
- Ce qu'il nous a dit reste très, très présent… Quello che ci ha detto Giovanni
Paolo II resta molto, molto attuale. E’ un messaggio che ci aiuta a vivere qui. La
nostra è una provocazione molto forte, in particolare provoca i giovani a darsi una
risposta. La nostra vita è certamente paradossale, a livello umano appare inutile:
che cosa facciamo qui, visto che ci sono tanti problemi da affrontare e risolvere
concretamente? I giovani sono chiamati a rispondere: non possono certo restare indifferenti
davanti alla nostra scelta di vita. Molti non capiscono e non ci comprendono e si
domandano cosa realmente facciamo dietro queste mura; ma molti si fermano, riflettono.
Devo dire che quando si avvicinano un poco più a noi, attraverso i libri o attraverso
qualche incontro, penso che scoprano che noi non siamo poi così lontano dal mondo…
al contrario, siamo nel cuore del mondo! (mg)