Rapporto della Cei sui cambiamenti demografici in Italia: rimettere al centro dell'attenzione
la famiglia
“Far entrare nell’intero corpo sociale la consapevolezza della sfida demografica con
cui l’Italia deve inevitabilmente misurarsi”. E’ questo l’obiettivo del rapporto,
curato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana
(Cei), e intitolato: “Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia”.
Secondo l'Istat il tasso di crescita della popolazione è di circa lo 0,40%, dato in
positivo grazie ai flussi migratori: infatti le nascite sono di poco inferiori ai
decessi. Lo studio verrà presentato nel pomeriggio a Roma, presso la sede della Casa
editrice Laterza. All’incontro interverranno, tra gli altri, il cardinale Angelo Bagnasco,
presidente della Cei, e il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il
progetto culturale della Cei. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il rapporto
illustra alcune delle tendenze demografiche più rilevanti in Italia. Ma l’obiettivo
non è solo quello di descrivere l’attuale scenario e le possibili prospettive. La
ricerca contiene soprattutto delle proposte. “Le proposte che vengono avanzate - spiega
il cardinale Ruini - sono rivolte soprattutto a ritrovare, per quanto possibile, un
effettivo equilibrio demografico”. Tra le priorità indicate per favorire un bilanciamento
demografico, figura anzitutto l’equità nell’imposizione tributaria e nelle politiche
tariffarie. Altro pilastro è la conciliazione tra gli ambiti della famiglia e del
lavoro. Assistenza familiare e politiche abitative a misura di famiglia completano
la ricetta contenuta nel rapporto per uscire dalla stagnazione in cui giace l’Italia.
“Occorre quindi ripensare tutte le politiche sociali mettendo al centro le esigenze
dei nuclei familiari”. Alla presentazione del rapporto interverrà anche il prof.
Giancarlo Blangiardo, ordinario di demografia presso l’Università di Milano-Bicocca,
che si sofferma su alcuni dei dati principali contenuti nella ricerca:
R.
– La popolazione è cresciuta: una volta c’era un saldo naturale fortemente positivo;
oggi c’è un saldo migratorio fortemente positivo. C’è stata quindi un’inversione di
segno tra movimento migratorio e movimento naturale, tra nati e morti. Un altro elemento
importante è la differenza – dal punto di vista della fecondità – tra ciò che le famiglie,
le coppie vorrebbero (più di due figli per donna) e ciò che di fatto realizzano (1,
4 in media). C’è poi una prospettiva di invecchiamento della popolazione: non è soltanto
una questione di sorpasso dei nonni sui nipoti, che è avvenuta in questi anni, e di
futuro sorpasso dei bisnonni sui pronipoti in termini numerici, ma è anche un discorso
che in qualche modo impone dei nuovi equilibri.
D. – In base a questi
dati, quindi, nel prossimo futuro avremo un vuoto progressivo tra generazioni, ma
sempre meno giovani per sostenere lavoro e welfare…
R. – Sì, questo
è quanto si va prospettando. Qualcuno dirà che l’immigrazione agisce da compensazione:
la risposta è che l’immigrazione è estremamente importante, darà un contributo importante,
ma non risolutivo né dal punto di vista del riempimento dei vuoti nel mercato del
lavoro, né dal punto di vista della copertura della carenza di nascite. Il Rapporto
è un rapporto-proposta: diciamo che dà una diagnosi, ma da anche una terapia. Dice
infatti: guardate, se vogliamo ridefinire i nuovi equilibri non c’è che una soluzione:
quella di rimettere la famiglia al centro del sistema - Paese. Nella famiglia si può
trovare la risposta a tutta una serie di problemi che vanno prospettandosi…
D.
– Due dati che sembrano in contraddizione: crescono i single, quindi le persone che
non si sposano, ma è anche in aumento il desiderio di figli…
R. – Non
sono in contraddizione, perché sono il segnale del disagio nel fare famiglia. I giovani
adulti che restano nella famiglia di origine fino a 35 anni – ce ne è una quota considerevole
– sono un po’ l’espressione di questa situazione. Bisognerebbe secondo me, finalmente,
rimboccarsi le maniche tutti - adulti e giovani - anche rimettendo al centro parole
come “sacrificio”, “responsabilità”, “impegno”… E’ anche un fatto culturale e non
è un caso che il Rapporto-proposta venga fuori da una istituzione che si chiama “Progetto
culturale della Cei”. Oggi ci sono delle realtà nuove, ma queste realtà nuove non
sono la norma; la norma – piaccia o non piaccia – è ancora la famiglia tradizionale,
quella che si rimbocca le maniche e che in qualche modo porta avanti il “Sistema Italia”.
(mg)