2011-10-01 15:33:33

Il cardinale Péter Erdö confermato presidente del Ccee. Eletti vicepresidenti il cardinale Bagnasco e mons. Michalik


Proseguono i lavori dell’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), in corso a Tirana fino a domani. Il cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Estergom – Budapest, è stato confermato presidente del Ccee. Vicepresidenti sono stati eletti il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, e mons. Józef Michalik, arcivescovo di Przemyśl e presidente della Conferenza episcopale polacca. Mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, è intervenuto stamani su vari temi, tra cui i simboli religiosi, l’obiezione di coscienza e l’identità individuale. Amedeo Lomonaco lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Il dibattito sulla presenza dei simboli religiosi, in particolare, è molto vivo: basta pensare al dibattito sul burqa in Francia o sui minareti in Svizzera… Molto importante è stata la sentenza, nel mese di marzo di quest’anno, della Grand Chambre della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo riguardo la presenza del Crocifisso nelle scuole in Italia: la sentenza ha detto chiaramente che la presenza del Crocifisso non viola i diritti dell’uomo. La Corte non si pronuncia su come deve essere uno Stato, ma si pronuncia sull’agire degli Stati: solo se uno Stato va contro la libertà religiosa, va contro la libertà educativa, allora la Corte potrebbe pronunciarsi.

D. – Dunque, questo è un tema che riguarda l’agire dello Stato. Un tema che riguarda, invece, l’agire del singolo individuo è quello dell’obiezione di coscienza.

R. – Anche per questo tema la questione in gioco è la libertà. Ormai, in molti Paesi europei c’è un dibattito molto vivace sulla possibilità della libertà di coscienza e anche del diritto dell’obiezione di coscienza. Al Consiglio d’Europa, presso l’assemblea parlamentare, si è discussa recentemente una proposizione di risoluzione che proponeva, nella sua origine, di limitare il diritto alla libertà di coscienza e all’obiezione di coscienza per i medici e per il personale ospedaliero per favorire - in fondo - l’accesso all’aborto, all’eutanasia e anche alla pratica della fecondazione medicalmente assistita. Durante il dibattito, però, i parlamentari hanno presentato 89 emendamenti per difendere l’obiezione di coscienza e il diritto della libertà di coscienza. Essendo stati accettati gli emendamenti, il testo è diventato esattamente il suo contrario: è diventato, quindi, un testo a sostegno dell’obiezione di coscienza. Questo è interessante, perché un’Europa che comincia a limitare o addirittura a negare la libertà di coscienza, rinnega qualcosa di cui si vantava invece enormemente anche davanti alle culture del mondo.

D. – L’Europa risente anche di identità individuali che sono, in qualche modo, condizionate da modi di pensare, stili di vita, correnti politiche…

R. – Il tema delle identità è un tema culturale, di fondo, per l’Europa di oggi. Pensiamo all’identità dell’individuo, pensiamo ai concetti che classicamente dicevano l’identità: sembrano diventati oggi molto mobili o fluidi. La libertà, ad esempio, pretenderebbe anche di decidere il proprio sesso, legato alla cultura, alla società e al proprio sentire. L’identità delle persone e dell’individuo dipendono dalla questione culturale, dalle ideologie. Questa è una sfida che per la Chiesa in Europea è molto viva, perché senza identità – naturalmente – non si può vedere molto futuro.

D. – Si tratta di segnali che ci dicono come queste presunte libertà siano dettate alla fine dall’unica prospettiva di un “io” ingigantito, in cui però si dimentica Dio…

R. – E’ la pretesa della libertà individuale di essere lei a decidere tutto: a decidere l’essere, a decidere la realtà. Invece, nella nostra prospettiva – e io noto che cresce anche una sensibilità per questa prospettiva – l’individuo deve scoprire la verità. E, in ultima analisi, questa verità è esattamente Dio. Quindi, la questione ultima è veramente la questione di Dio: perdendo l’orizzonte di Dio, diventiamo noi quelli che decidono il vero, quelli che decidono il bello, il buono. Per uscire da questa frammentazione relativista, la prospettiva e forse l’impegno più grande, come il nostro Papa ci insegna continuamente, è quello di ridare Dio all’Europa. (mg)

Sulla situazione della Chiesa in Albania, Paese che ospita i lavori di questa Assemblea del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, il nostro inviato don Davide Djudjaj, ha intervistato il nunzio apostolico, mons. Ramiro Moliner Inglés:RealAudioMP3

R. – Tutti i vescovi presenti a quest’assemblea, soprattutto quelli che provenivano da fuori, sono rimasti molto impressionati nel vedere che l’Albania è stata, in un così breve tempo, capace di riprendere la vita religiosa nelle cattedrali e nelle istituzioni. L’Albania è un Paese con radici cristiane molto profonde. Durante i secoli, ha subìto l’invasione ottomana e anche la presenza musulmana si è protratta per centinaia di anni. Poi c’è stata l’epoca comunista, che ha cercato di distruggere tutti i simboli religiosi – ed anche il sentimento religioso – con pene durissime, anche se solo si provava a fare il segno della croce. Questo risorgere della Chiesa, in un così breve tempo, indica che è possibile – anche in circostanze diverse – ritornare alle radici.

D. – Lei, nel suo intervento, si è soffermato proprio su questa necessità: le strade vanno percorse insieme, per trovare il modo di dar ragione alla speranza del Vangelo, con amore e senza umiliare nessuno, ma fermi come cristiani e chiari con il messaggio di Cristo…

R. – San Pietro ci dice di essere sempre pronti a dare ragione alla nostra speranza e a farlo con carità, amore e con tutta la buona volontà possibile. Non dobbiamo e non possiamo imporre una fede religiosa. La proposta deve essere semplice, ma al tempo stesso, si deve sapere che stiamo facendo la volontà di Dio. Ho voluto insistere sulla speranza perché è un po’ quello che manca al mondo di oggi, soprattutto al cosiddetto “primo mondo”, che aveva per la maggior parte investito la propria speranza nei beni e nello sviluppo materiale, in una vita facile ed anche nel potere. Aveva così fatto scomparire gli altri principi e valori, come quelli trascendenti e spirituali. Ma facendo così, rimane soltanto il vuoto.

D. – L’esperienza interecumenica che ha la Chiesa in Albania può davvero essere, nel campo della nuova evangelizzazione, uno stimolo per un nuovo slancio della Chiesa e per un dialogo rinnovato con le altre comunità religiose, facendo conoscere il Vangelo?

R. – L’ecumenismo è irreversibile, perché è il mandato di Gesù Cristo: tutti dobbiamo essere uno. In questo senso, l’ecumenismo è una forza aggiunta e necessaria affinché questa testimonianza sia vera. (vv)







All the contents on this site are copyrighted ©.