2011-09-29 16:03:54

Africa, resta alto l’allarme per il terrorismo di matrice islamica


In Africa, si sono moltiplicate negli ultimi mesi le segnalazioni di azioni terroristiche, e nelle scorse settimane anche il generale Carter Ham, responsabile del comando statunitense nel continente, ha richiamato l’attenzione sui fondamentalisti di Al Qaeda nel Maghreb islamico, gli Shabaab somali e la setta nigeriana "Boko Haram". Davide Maggiore ha chiesto a Mario Giro, responsabile delle relazioni internazionali della comunità di Sant'Egidio, un’opinione sulle proporzioni del fenomeno:RealAudioMP3

R. – Al Qaeda nel Maghreb islamico è una vecchia conoscenza di chi conosce il Sahel. Loro sono già internazionalizzati, ma si tratta di alcune centinaia di uomini di cui si conoscono abbastanza bene i contorni, si conoscono i nomi: sono nascosti nella zona a sud dell’Algeria, verso il Mali, adesso anche verso il Niger. Vivono di rapimenti e questo crea un’instabilità nella zona. Non bisogna però sovrastimare la capacità di questi gruppi. Gli Shabaab sono l’ultimo prodotto della tragica guerra civile somala e fanno parte dell’involuzione in cui è caduta la Somalia da vari anni. "Boko Haram" è un fenomeno più recente, l’ultimo prodromo di questo estremismo islamico di matrice nigeriana e a questo punto, forse, in parte fuori controllo.

D. – Che rapporti hanno questi movimenti con la rete di al Qaeda propriamente detta?

R. – E’ difficile stabilirlo. Più che un’unità di strategia mi sembra che sia piuttosto un richiamarsi a un’ideologia ma non mi sembra che ci possa essere almeno da quello che si vede un’unità operativa. Il fatto che esistano questi pericoli per la stabilità di intere aree - parliamo della Nigeria, del Sahel del Corno d’Africa - era qualcosa che già si sapeva.

D. – Si è detto che con la "primavera araba" il progetto ideologico jihadista è fallito. Questo vale anche per il contesto africano?

R. – Io direi di sì. La "primavera araba" era stata preceduta da una "primavera africana", in realtà. In Africa abbiamo avuto transizioni democratiche che hanno dimostrato che è possibile andare verso la democrazia in maniera non violenta. Il fenomeno jihadista è in perdita di velocità. Certo, può fare ancora molto del male però è chiaro che nella testa e nell’immaginario della gioventù africana musulmana, così come in quella araba, oggi la parte vincente è quella che va verso una democrazia. Naturalmente una democrazia endogena, con un passaggio lento e progressivo, però questo fa ben sperare.

D. – Il passaggio di poteri in aree come Libia e Egitto non rischia di favorire i movimenti jihadisti dal punto di vista operativo?

R. – Sicuramente ci sono i passaggi di armi. Lo svuotamento delle caserme ha messo in circolo molte armi, quindi noi vedremmo a breve termine una capacità operativa di armi probabilmente cresciuta. Io mi aspetto piuttosto che queste armi provochino altre ribellioni interne tipo quelle tuareg o di altre tribù seminomadi nell’area. (bf)







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