Barroso e la Merkel assicurano: la Grecia resta nell'eurozona. Sì alla tassa sulle
transazioni finanziarie
''E' tempo che il settore finanziario dia un contributo alla società''. E' quanto
ha affermato il presidente della Commissione europea, Barroso, nel suo intervento
a Strasburgo, durante il quale ha pure assicurato che la Grecia resterà membro della
zona euro. Barroso ha annunciato che la Commissione ha adottato oggi la proposta per
la tassazione delle transazioni finanziarie. La nuova tassa, che dovrebbe entrare
in vigore non prima del 2014, garantirà un gettito annuo di 55 miliardi di euro. Sul
provvedimento, Stefano Leszczynski ha intervistato l’economista Mario Deaglio:
R. – E’
molto probabile che la “tobin tax” porti molto poco alle casse dell’Unione, perché
il suo scopo non è tanto quello di far cassa, quando quello di scoraggiare determinati
tipi di operazioni: applicando alle operazioni normali della speculazione queste imposte,
anche molto piccole, semplicemente si rendono non più convenienti le operazioni stesse
e il mercato non le farà più.
D. – Barroso ha difeso la necessità che
la Grecia resti nell’Euro; lo stesso ha fatto la cancelliera tedesca, Angela Merkel,
incontrando Papandreu…
R. – Qui siamo di fronte ad una necessaria ipocrisia:
è chiaro che i greci non possono pagare; i greci hanno molte colpe, hanno mentito
clamorosamente sulle loro statistiche… Allora cosa bisogna fare? Bisogna prestargli
i soldi, senza dire che gli sono stati prestati… Quindi abbiamo il tentativo dell’Unione
Europea per quelli che la signora Merkel chiama i “contributi volontari” delle banche:
le banche che hanno titoli greci dovrebbero impegnarsi, quando questi titoli scadono,
a risottoscriverne di nuovi. Non è un fallimento, un default, un venir meno agli impegni
solo in parola, ma - di fatto - nella pratica è un allungamento del debito.
D.
– L’economia europea è quella di un castello fragile: se cede un pezzo, cede l’intera
struttura. A questo punto l’auspicio, sempre del presidente della Commissione, che
si debba andare verso un meccanismo che non preveda l’unanimità nelle decisioni, secondo
lei può essere una buona idea?
R. – Questa più che una buona idea è
un’esigenza vitale. Anche adesso che avremo dei nuovi ingressi nell’Unione, l’unanimità
è una follia. Non si può far dipendere il futuro economico – e poi anche quello politico,
in parte – di circa 450 milioni di persone, magari da Paesi che hanno una popolazione
di un milione e mezzo.
D. – Ecco, il venir meno del meccanismo dell’unanimità
potrebbe riaprire la strada, ad esempio, agli eurobond?
R. – Se i tedeschi
non cambiano idea, no: perché la Germania è il Paese più grande e da sola fa circa
un quarto dell’economia europea. Direi che su queste cose ha una sorta di implicito
diritto di veto, perché se mai fosse contraria metterebbe in crisi tutti i meccanismi
europei. Quindi non penso che questo possa servire. (mg)