Concerto di solidarietà per gli immigrati di Lampedusa. Intervista con Claudio Baglioni
Favorire l’integrazione e il dialogo interculturale nel Mediterraneo: con questo obiettivo,
si apre questa sera, sull’isola di Lampedusa, la nona edizione della rassegna musicale
O’ Scia’. Cinque giorni di musica, oltre 60 gli artisti sul palco, da Zucchero a Pino
Daniele, da Fiorella Mannoia a Patty Pravo, tutti insieme per ribadire l’importanza
della questione immigrazione. Isabella Piro ne ha parlato con l’ideatore dell’iniziativa,
il cantautore Claudio Baglioni:
(musica)
R. - Questa nona edizione è arrivata in un momento particolare, in
un anno in cui sono avvenuti i fatti anche straordinari che tutto il mondo ha potuto
vedere su questa eterna questione dei movimenti dei popoli, della possibilità di accoglierli,
di una capacità di integrazione nei giorni che sono stati e nei giorni che verranno.
D.
– O’ Scia’ nasce appunto con l’idea di favorire l’integrazione e il dialogo interculturale
nel bacino del Mediterraneo. Come realizzare concretamente questi obiettivi?
D.
– Penso che occorra mettere in atto un insieme di soluzioni, oltre che politiche e
sociali, anche culturali. Noi siamo sicuramente poco preparati all’idea dell’integrazione,
il mondo vive un momento di crisi generale e anche di paura. Quindi, purtroppo, sono
proprio questi gli istanti in cui i discorsi della solidarietà, dell’altruismo, della
partecipazione comune, di una convivenza pacifica e solidale, sono messi più a repentaglio,
perché chiaramente non è facile poter gestire argomenti di questo tipo. Però, occorre
sicuramente una maturità maggiore anche della classe politica. Questo è un argomento
prioritario nella storia del genere umano e quindi va affrontato veramente con grande
attenzione e con grande responsabilità, e poi approfondendolo, con un senso di serenità
e non di timore, non di angoscia, non di paura, per cercare di approdare ad un giorno
migliore.
D. – Tu conosci molto bene l’isola di Lampedusa. Di cosa hanno
più bisogno i cittadini?
R. – Secondo me di un senso di vicinanza, di
essere considerati, di non essere abbandonati: isolani, ma non isolati. E poi di poter
tornare ad essere uomini e donne della società civile con quel senso di vita più ordinata,
più serena.
D. – Cosa insegnano i fatti di cronaca legati a Lampedusa?
R.
– Che viviamo in un epoca di grande confusione. Non ci sono guide straordinarie, eccezionali,
in questo senso, al di là di alcune voci che riconosciamo nella Chiesa e anche qua
e là qualche spirito libero che riesce a guardare a queste questioni senza dover per
forza essere in una linea di appartenenza ad una fazione o ad un’altra. Quindi, dipende
dalla nostra onestà poter progettare il mondo del futuro, affinché sia un mondo degno
di essere abitato.
D. – Ed è questo quello di cui hanno più bisogno
gli immigrati secondo te?
R. – Gli immigrati secondo me hanno bisogno
di essere assistiti, soccorsi laddove ci sono condizioni anche di serio pericolo.
Questa immigrazione clandestina giova solamente ai mercanti di schiavi, all'illegalità
e fa comodo solamente a coloro che vivono al di fuori delle leggi. C’è bisogno proprio
della capacità da parte di tutti di integrarsi e di interazione, di poter lavorare
insieme prendendo di buono quello che c’è in tutte le culture. Tutta la nostra società
di oggi nasce dal cammino di tante genti che si sono confrontate e incontrate.
D.
– Oltre 60 gli artisti che saranno con te sul palco, ne citiamo alcuni: Pino Daniele,
Fiorella Mannoia, i Pooh, Patty Pravo ...Cantare allora è un segno di ribellione o
un gesto di speranza?
R. – Cantare è sempre un incontro. Suonare e cantare
significa continuare a fare il nostro mestiere di artisti, ma anche di cittadini.
Siamo tra l’artistico e il civile. (ma)