2011-09-25 15:04:04

Giornata Mondiale del Cuore per promuovere la prevenzione


Ogni anno, l’ultima domenica di settembre, si celebra la Giornata Mondiale del Cuore. L’odierna Giornata è un’occasione per promuovere la prevenzione e per far conoscere meglio le malattie cardiovascolari. Sulle principali patologie legate al cuore si sofferma, al microfono di Eliana Astorri, il direttore dell’Unità Coronarica del Policlinico Universitario Gemelli di Roma, il prof. Filippo Crea:RealAudioMP3

R. – La patologia più frequente, nel mondo occidentale, è rappresentata da un’alterazione delle arterie, quelle che portano il sangue al cuore e, in particolare, quelle che portano il sangue al cervello. Parliamo di “infarto” quando ad essere danneggiate sono le arterie che portano il sangue al cuore e di “ictus” quando ad essere danneggiate sono quelle che portano il sangue al cervello.

D. – Che cosa succede quando c’è un infarto o un ictus?

R. – C’è un infarto quando queste arterie si ammalano e si forma un coagulo che le ostruisce. In quel momento, quindi, non passa più il sangue, il cuore soffre, si lamenta ed il suo lamento è il dolore infartuale. La stessa cosa riguarda le carotidi: quando queste si ammalano, anche in questo caso ad un certo punto si forma un coagulo, non arriva più il sangue al cervello. In questo caso, il lamento non è il dolore ma è un arto che non si muove o la parola che non si riesce più a formulare.

D. – Come viene trattata una persona che ha avuto un infarto?

R. – Quando si ha un dolore infartuale, la terapia più efficace consiste nel rimuovere questo coagulo che ha ostruito le coronarie. Prima si arriva in un ospedale in grado di eseguire un’angioplastica o dare questo farmaco che scioglie il coagulo, più si riducono le conseguenze dell’infarto. Quello che è importante è arrivare il più rapidamente possibile. Se si arriva entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi, si riescono a salvare davvero tante vite umane. Più passa il tempo e più quest’efficacia si riduce: dopo 12 ore, infatti, non siamo più in grado di influenzare l’andamento dell’infarto. La stessa cosa vale per il cervello: quando si ha un ictus, se si riesce a somministrare questo farmaco che scioglie il coagulo – idealmente entro un’ora ma al massimo entro tre ore e mezza - le conseguenze sono minime. C’è da considerare che, in una metà dei casi, l’infarto si manifesta senza dare nessun preavviso. E’ un “infarto a ciel sereno”. Ad un certo punto, si avverte un dolore violento – di solito al torace – che può irradiarsi alle braccia, al collo e a volte anche verso i reni o la bocca dello stomaco. E’ comunque un dolore intenso, che di solito preoccupa, dà angoscia e non passa. Nell’altra metà dei casi, invece, esistono dei sintomi che danno un preavviso, e questi sintomi sono rappresentati da un dolore che è un po’ meno grave e meno intenso – anche questo può irradiarsi verso le braccia, la gola o la bocca dello stomaco. E’ più leggero e più breve. Può durare cinque, dieci o quindici minuti ma poi passa. Non è un dolore particolarmente intenso e localizzabile.

D. – Questo dolore può essere confuso con un dolore intercostale?

R. – Sì, può essere confuso con un dolore intercostale e, soprattutto, con un dolore gastroesofageo, un dolore da ulcera gastrica oppure da reflusso esofageo. Nel primo caso, il dolore intercostale ha la caratteristica che il paziente è in grado, con un dito, di toccare il punto che gli fa male. Questo è un dato molto rassicurante. Se è così, si tratta più di un dolore intercostale ed è molto meno probabile che si tratti di un dolore infartuale. Il dolore gastrico, invece, può simulare il dolore infartuale, anche se quello gastrico è più tipicamente collegato all’assunzione di cibi.
D. – Ormai tutti sanno quanto la dieta, il fumo e lo stile di vita siano importanti per la prevenzione delle malattie cardiovascolari...

R. – Dieta, attività fisica e fumo sono fortemente collegati. Faccio un esempio: negli Stati Uniti c’è stata una marcata riduzione dell’uso delle sigarette che si sarebbe tradotta in una marcata riduzione dell’incidenza d’infarto. Il problema, però, è che questa riduzione dell’uso di sigarette si è accompagnata ad un aumento assolutamente proporzionale di obesità e questo aumento ha completamente cancellato i vantaggi dati dalla diminuzione dell’uso di sigarette. Quindi qual è il messaggio? O questi fattori di rischio li affrontiamo in maniera complessiva, oppure quello che guadagniamo da una parte lo perdiamo dall’altra. (vv)







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