Altri 60 morti nello Yemen, mentre il presidente Saleh parla di dialogo
Almeno 60 persone sono rimaste uccise e altre centinaia sono state ferite oggi durante
la repressione delle manifestazioni in diversi quartieri di Sanaa, capitale dello
Yemen. Gli scontri più violenti si sono registrati nella cosiddetta Piazza del cambiamento,
luogo simbolo della contestazione al regime, dove sono morti anche undici soldati
dissidenti. La situazione nel Paese arabo si è aggravata dopo il rientro del presidente
Saleh. Il servizio di Fabrizio Angeli:
“Non c’è
alternativa al dialogo e ai negoziati per mettere fine al bagno di sangue”. Il presidente
yemenita, Saleh, cerca con queste parole di placare le violenze scoppiate di nuovo
domenica scorsa, ma per il momento la situazione va peggiorando. Ai cento morti degli
ultimi giorni se ne aggiungono solo oggi altri 60, tra manifestanti e soldati dell’opposizione
al regime. Rientrato a sorpresa dopo tre mesi dall’Arabia Saudita, dove si trovava
in convalescenza per i postumi di un attentato, il presidente al potere da 33 anni
è stretto tra la morsa delle forze antigovernative del fratellastro e le migliaia
di voci di protesta provenienti da Piazza del cambiamento, occupata pacificamente
da otto mesi. La diplomazia occidentale spinge per un suo abbandono e nuove elezioni
presidenziali, ma le prossime mosse di Saleh sono ancora un’incognita. Ad attenderlo
c’è il piano di transizione presentato lo scorso aprile dal Consiglio di cooperazione
del Golfo, che prevede appunto la sua uscita di scena. Ma secondo molti, il presidente
starebbe cercando di assicurare una posizione chiave a suo figlio Ahmed, attuale comandante
della Guardia repubblicana, prima di farsi da parte.
Mogadiscio: un
morto per esplosione in una sede Onu Almeno una persona è morta in seguito
a una forte esplosione nei locali dell'agenzia dell'Onu per lo sminamento di Mogadiscio,
secondo quanto riportato da testimoni. L'esplosione ha distrutto un'auto che si trovava
nel parcheggio dell'agenzia e ucciso la persona a bordo del veicolo, ha precisato
un testimone all'Afp.
Le forze del governo transitorio entrate a Sirte,
città natale di Gheddafi Le forze del Consiglio nazionale di transizione libico
sono entrate a Sirte, città natale di Gheddafi e una delle ultime roccaforti dei suoi
sostenitori. Lo riferiscono alcuni giornalisti dell’agenzia Reuters. I combattimenti
sono ancora in corso in alcune zone, mentre aerei Nato sorvolano la città. Intanto,
oggi il Cnt si riunisce a Bengasi per discutere la creazione di un governo provvisorio
per la nuova Libia. Da mediare l’equilibrio tra le varie componenti politiche, che
faticano a trovare un accordo.
Bahrain, si vota per i seggi dei deputati
dimissionari per protesta Seggi aperti in Bahrain per le elezioni parlamentari
suppletive, che dovranno assegnare i seggi dei deputati dell’opposizione sciita che
a inizio anno si sono dimessi in segno di protesta contro la repressione delle proteste
antigovernative. Il servizio di Giancarlo La Vella:
Nel Paese
arabo si assegnano con queste consultazioni 14 dei 40 seggi del parlamento di Manama:
84 i candidati in lizza, tra i quali nove donne. Un voto che avviene in un clima di
forte tensione. Solo pochi giorni fa, le forze di sicurezza hanno caricato un corteo
di dimostranti nelle strade della capitale, che cercavano di marciare verso la centrale
Piazza delle Perla, luogo simbolo della rivolta contro la monarchia sunnita. Scarsa
sinora l’affluenza alle urne, forse anche a causa dell’iniziativa dei partiti dell'opposizione,
che hanno invitato i propri sostenitori a boicottare il voto. Intanto, nel timore
di violenze e di ulteriori contestazioni, le autorità hanno rafforzato la sicurezza
in tutto il regno. I seggi chiuderanno tra poche ore. Entro oggi i risultati definitivi.
Si è giunti a questo voto dopo che, lo scorso febbraio, 18 parlamentari del principale
movimento di opposizione sciita, hanno abbandonato l'Assemblea in segno di protesta
contro la violenza usata dalle forze di sicurezza nei confronti dei manifestanti,
scesi in piazza per chiedere democrazia e riforme. La repressione delle proteste contro
la monarchia sunnita al potere hanno causato sinora almeno 30 morti.
Crisi
economica in Grecia, Bce e Fmi non escludono default Il default
della Grecia non è più da escludere, anzi è uno degli scenari possibili. A dirlo è
Klaas Knot, presidente della Banca centrale olandese e membro del consiglio della
Banca centrale europea. È la prima volta che un esponente di spicco dell’Eurotower
considera la possibilità del fallimento dello Stato greco. Da Washington, anche il
responsabile del Dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale avverte che
se la Grecia esita e procrastina le decisioni del luglio scorso, la bancarotta non
potrebbe essere evitata, “perché gli europei si stancherebbero di concedere soldi
a qualcuno senza speranza”. Secondo gli analisti, a oggi le possibilità di un fallimento
sono superiori al 90 per cento. Quello di Atene sarebbe il più grande default
della storia per uno Stato sovrano, con un debito di 353 miliardi di euro, cinque
volte quello dell’Argentina del 2001.
Incontro ai vertici militari di Pakistan
e Usa Il capo del Centocom (Comando centrale) americano, generale James Mattis,
ha incontrato oggi a Rawalpindi in Pakistan il comandante in capo dell'esercito pakistano,
il generale Ashfaq Pervez Kayani, per discutere le relazioni militari fra i due Paesi
e la difficile fase della cooperazione bilaterale contro il terrorismo. Lo riferisce
DawnNews Tv. Secondo l’emittente, si è parlato di situazione della sicurezza nel Waziristan
settentrionale e lungo la frontiera afghano-pakistana. Al riguardo, Kayani avrebbe
chiesto al suo interlocutore l'apertura di una inchiesta congiunta sugli attacchi
sferrati in territorio pakistano da posizioni in Afghanistan. I rapporti fra Islamabad
e Washington sono diventati tesi dopo che personalità militari e governative statunitensi
hanno formulato gravi accuse contro i servizi di intelligence pakistani; accuse
di collusione con gruppi armati afghani che attaccano uomini e mezzi degli Stati Uniti.
Ieri, Kayani aveva definito “infelici” e “prive di fondamento” le accuse del comandante
in capo delle Forze armate americane, l'ammiraglio Mike Mullen, secondo cui la cosiddetta
Rete Haqqani è il “braccio armato” operativo dell'Isi in Afghanistan.
Kosovo:
blocchi stradali al nord, i serbi costruiscono passaggi alternativi Aumenta
la tensione nel nord del Kosovo, dove i serbi da giorni impediscono la circolazione
con blocchi stradali e barricate e stanno cercando di realizzare passaggi alternativi
nei boschi. I manifestanti protestano contro la presa di controllo di due posti di
frontiera con la Serbia da parte di poliziotti e doganieri kosovari albanesi. Le forze
Nato nel Paese stanno valutando la possibilità di un intervento. Ma ora è a rischio
la ripresa dei negoziati tra Belgrado e Pristina, in programma il 28 settembre a Bruxelles.
Sette
persone uccise dall’esercito nel Darfur L’attacco di due villaggi nel nord
del Darfur da parte dell’esercito sudanese ha provocato ieri la morte di sette persone,
secondo un portavoce dei ribelli locali. Molte altre persone sono fuggite, ha riferito
un membro dell’Esercito di liberazione del Sudan, e le violenze continuano. La regione,
nell’ovest del Paese, dal 2003 è stata scossa da una violenta guerra civile che ha
richiesto l’intervento dei caschi blu dell’Onu.
Russia: Putin candida a
sorpresa Medvedev come capo del governo Il premier russo, Vladimir Putin, ha
lanciato ufficialmente la candidatura dell’attuale presidente Dmitri Medvedev come
suo successore alla guida del governo. La mossa a sorpresa è arrivata davanti ai delegati
del congresso del partito a Mosca, in vista delle elezioni legislative del 4 dicembre
prossimo. Secondo gli analisti, si prospetta così uno scambio di cariche ai vertici
russi, con Medvedev che a sua volta ha già proposto di sostenere Putin alle presidenziali
di marzo. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza e Fabrizio Angeli)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 267