L'incontro di Benedetto XVI a Erfurt con la Chiesa evangelica: il secolarismo non
deve privarci di ciò che ci rende tutti cristiani
Il viaggio del Papa in Germania, dopo il discorso di ieri al Bundestag, è stato caratterizzato
da un altro evento storico: l’incontro con il Consiglio della Chiesa evangelica tedesca
nell’ex Convento agostiniano di Erfurt, nella Turingia, seconda tappa della 21.ma
visita apostolica internazionale di Benedetto XVI. Ce ne parla uno dei nostri inviati
in Germania, Sergio Centofanti:
L’arrivo
ad Erfurt è suggestivo: la Cattedrale cattolica di Santa Maria, con le sue caratteristiche
torri gotiche che puntano verso il cielo, è stato il primo momento della visita del
Papa che ha venerato il Reliquiario di San Bonifacio, grande evangelizzatore della
Germania nell’ottavo secolo. Festosa l’accoglienza dei fedeli che in questa città
sono una piccola minoranza.
Il Papa si è recato poi nell’antico Convento
agostiniano di Erfurt, dove Lutero studiò teologia incamminandosi verso il sacerdozio:
non nasconde la propria emozione di incontrare i rappresentanti del Consiglio della
Chiesa Evangelica.
La vescova della Chiesa evangelica della Germania
centrale, Ilse Junkerman, gli dà il più cordiale benvenuto invocando lo Spirito Santo
perché possano essere compiuti “passi ricchi di benedizioni”.
Il presidente
della Chiesa evangelica tedesca, il pastore Nikolaus Schneider, guarda alla prospettiva
di giungere a comprendere le diverse tradizioni cristiane cresciute separatamente,
quali doni comuni della Chiesa di Cristo. Pensa ai matrimoni cristiani misti: “Per
noi tutti – afferma – sarebbe una benedizione poter rendere loro possibile, in un
tempo non troppo lontano, una comunione eucaristica libera, scevra da impedimenti”.
Benedetto XVI ricorda la lotta interiore di Lutero alla ricerca di
un Dio misericordioso e la sua domanda:
“’Come posso avere un Dio
misericordioso?’. Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino
mi colpisce sempre nuovamente. Chi, infatti, si preoccupa oggi di questo, anche tra
i cristiani? (…) La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato
che Dio (…) non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù”.
E
se oggi – aggiunge il Papa – “si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio,
allora quasi tutti presupponiamo (…) che Dio (…) nella sua misericordia, ignorerà
le nostre piccole mancanze”:
“Ma sono veramente così piccole le nostre
mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi,
ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non viene forse
devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte, della brama di vita
e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle persone dedite ad essa? Non
è forse minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si
maschera con l’apparenza della religiosità?”.
“No, il male non è
un’inezia” – esclama il Papa – e non sarebbe “così potente se noi mettessimo Dio veramente
al centro della nostra vita”. Benedetto XVI invita a porsi in modo nuovo la “scottante
domanda” di Lutero: “Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo
io davanti a Dio?”. Quindi fa il punto sul cammino verso l’unità:
“La
cosa più necessaria per l’ecumenismo è innanzitutto che, sotto la pressione della
secolarizzazione, non perdiamo quasi inavvertitamente le grandi cose che abbiamo in
comune, che di per sé ci rendono cristiani (…) È questo il grande progresso ecumenico
degli ultimi decenni: che ci siamo resi conto di questa comunione”.
Ma
“Il pericolo di perderla, purtroppo – sottolinea – non è irreale”. A questo proposito
ricorda la diffusione di “una forma nuova di cristianesimo … a volte preoccupante”
per le sue tensioni irrazionali. E di fronte a una società in cui l’assenza di Dio
“si fa sempre più pesante” invita a non cedere “alla pressione della secolarizzazione”
per “diventare moderni mediante un annacquamento della fede”, anche se “la fede deve
essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa
che appartiene al presente”:
“Non è l’annacquamento della fede che
aiuta bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi. Questo è un compito ecumenico
centrale. In questo dovremmo aiutarci a vicenda: a credere in modo più profondo e
più vivo. Non saranno le tattiche a salvarci, a salvare il cristianesimo, ma una fede
ripensata e rivissuta in modo nuovo. Come i martiri dell’epoca nazista ci hanno condotti
gli uni verso gli altri e hanno suscitato la prima grande apertura ecumenica, così
anche oggi la fede, vissuta a partire dell’intimo di se stessi, in un mondo secolarizzato,
è la forza ecumenica più forte che ci ricongiunge, guidandoci verso l’unità nell’unico
Signore”.
L’argomento è stato ripreso dal Papa nel successivo Atto
ecumenico che si è svolto nella Chiesa dell’ex-Convento degli Agostiniani. Significativa
la lettura del Salmo 146 nella traduzione tedesca di Lutero.
Alla vigilia
di questo viaggio – ha detto – “si è parlato diverse volte di un dono ecumenico dell’ospite,
che ci si aspettava da questa visita”, quasi un risultato concreto come frutto di
questo incontro, ma “questo – ha spiegato – costituisce un fraintendimento politico”
dell’ecumenismo, che non può essere paragonato a una trattativa politica per raggiungere
un compromesso, nella ponderazione dei vantaggi e degli svantaggi, che vada bene per
tutte le parti:
“La fede dei cristiani non si basa su una ponderazione
dei nostri vantaggi e svantaggi. Una fede autocostruita è priva di valore. La fede
non è una cosa che noi escogitiamo o concordiamo. È il fondamento su cui viviamo.
L’unità cresce (…) solo attraverso un sempre più profondo penetrare nella fede mediante
il pensiero e la vita”.
Il Papa rileva, quindi, la necessità di
lasciarsi attrarre dalla preghiera di Gesù per l’unità: “Fa’ che diventiamo una sola
cosa (…) perché il mondo creda”.