Nord Corea: iniziata la visita di una delegazione di sette leader religiosi sudcoreani
I leader delle sette maggiori religioni della Corea del Sud sono arrivati ieri nella
parte Nord della penisola: si tratta di un viaggio senza precedenti, che cerca di
riportare i due lati del confine sul sentiero della pace e della riconciliazione.
Ma alcune fonti cattoliche, pur lodando il gesto, spiegano: “Il regime comunista di
Pyongyang non ha alcuna intenzione di aprirsi alla religione. Ha soltanto bisogno
di aiuti umanitari, e sa che può ottenerli attraverso le comunità religiose”. La delegazione
è composta da 24 persone, che hanno raggiunto la Corea del Nord tramite la Cina, dato
che non esistono collegamenti diretti fra le due parti della penisola. Il viaggio
è stato organizzato su invito del Consiglio nordcoreano delle religioni, uno strumento
in mano a Pyongyang che garantisce funzioni “di facciata” per i pochi turisti occidentali
e cinesi che arrivano nel Paese. In ogni caso, si tratta di un’opportunità unica:
la delegazione rimarrà nel Paese fino a sabato 24 prossimo. Partendo dall’aeroporto
internazionale di Incheon, l’arcivescovo di Gwangju mons. Igino Kim Hee-jong ha letto
un comunicato congiunto espresso da tutte le religioni: “Porteremo al Nord l’aspirazione
alla pace che ogni gruppo religioso del Sud coltiva. Se tutti coloro che amano la
religione, nei due Paesi, si uniscono per raggiungere la pace, speriamo che si possa
creare un ponte unico verso la riconciliazione”. Il gruppo ha anche ringraziato il
governo di Seoul per aver concesso il permesso di partire. Dopo le provocazioni militari
di Pyongyang, infatti, il governo ha impedito quasi ogni rapporto fra i due Paesi.
Insieme a mons. Kim ci sono il reverendo Kim Yeong-joo, Segretario del consiglio nazionale
delle chiese coreane; il venerabile Jaseung, presidente dell’Ordine Jogye del buddhismo
coreano; il ven. Kim Ju-won, che guida il buddismo won; il dott. Choi Geun-dok, presidente
dell’Associazione confuciana Sung Kyun Kwan; Yim Woon-kil, leader del Chondogyo e
Han Yang-won, che guida le religioni tradizionali coreane. Nonostante il viaggio abbia
ottime intenzioni, una fonte cattolica spiega all'agenzia AsiaNews: “Pyongyang non
ha alcun desiderio di aprirsi in maniera sincera all’idea di religione, anche perché
se lo facesse il regime cadrebbe dopo pochi mesi. La religione, come prima cosa, insegna
la libertà e non si adatta bene alle dittature. Per questo, anche se è giusto vedere
e vivere le situazioni il più possibile, credo che si tratti di un’esca per ottenere
più aiuti umanitari possibili dalle persone religiose del Sud”. Al Nord la libertà
di culto praticamente non esiste. E’ permessa soltanto l’adorazione del “Caro Leader”
Kim Jong-il e del padre, il “Presidente eterno” Kim Il-sung. La società è organizzata
in scale gerarchiche, e chi professava una religione era relegato in fondo. Tuttavia,
non è stato sempre così: prima dell’indipendenza del Nord, ottenuta grazie alle armi
cinesi fornite da Mao, Pyongyang era chiamata “la Gerusalemme d’Asia”. Nel Paese era
fortissima la presenza di cristiani, cattolici e protestanti, che hanno contribuito
moltissimo allo sviluppo sociale della Corea nei primi anni del ‘900. Forte anche
la presenza dei buddhisti, ovviamente, sia dell’Ordine Jogye che dei tradizionalisti;
persino la Chiesa ortodossa aveva un buon numero di seguaci, così come lo sciamanesimo
e il culto tradizionale. La repressione operata dal presidente Kim contro i religiosi
e i fedeli di ogni tipo ha devastato tutto. E’ impossibile, oggi, quantificare il
numero di persone che abbiano mantenuto una qualsiasi forma di fede. (R.P.)