Poche ore alla pena capitale per Troy Davis. Il cardinale Turkson: fare il possibile
per salvare una vita
Sarò messo a morte stasera in Georgia, negli Stati Uniti, Troy Davis, il 42.enne condannato
a morte per l’omicidio, nel 1989, di un poliziotto. Il comitato per la grazia ieri
sera aveva negato la clemenza a colui che è divenuto un simbolo per gli attivisti
contrari alla pena capitale. Francesca Sabatinelli:
Il saluto
alla famiglia e il tradizionale pasto del mercoledì: sono gli eventi che scandiranno
l’ultima giornata di vita di Troy Davis. L’iniezione letale sarà alle 19, ora locale,
fino a quel momento Davis proclamerà la sua innocenza: non smetterò la lotta fino
all’ultimo respiro, ha fatto sapere. Fino a stasera, quindi, regge ancora la speranza
di vedere la giustizia della Georgia fare un passo indietro di fronte alla mancanza
di reali prove della colpevolezza di questo 42.enne afroamericano, messo a morte per
l’uccisione nel 1989 di un poliziotto bianco. Sette testimoni su nove hanno ritrattato
le loro dichiarazioni, l’arma non è mai stata trovata, tantomeno sono state rinvenute
tracce, come il Dna, che riconducessero a Davis. La corsa per fermare il boia non
si arresta, migliaia le persone che continuano a manifestare per chiedere la commutazione
della pena. La sezione statunitense di Amnesty International sta cercando di contattare
chiunque “abbia qualche potere per fermare questa grave ingiustizia”. Riccardo
Noury, di Amnesty Italia:
R. - Un sistema giudiziario non
è mai perfetto e quando questo sistema prevede la pena capitale c’è un rischio enorme
di commettere errori fatali e irreversibili. Questo pare essere il caso per Troy Davis.
D.
– Non si può non notare il fatto che Troy Davis sia un afroamericano. Quanto può aver
pesato questo?
R. – Può aver pesato, ma certamente quello che ha pesato
ancora di più è che la vittima fosse un poliziotto bianco e che il tutto si svolgesse
in Georgia. Questo è un esempio ulteriore di quanto il sistema della pena capitale
sia infarcito di errori, di discriminazioni, di procedure inique: una delle tante
ragioni per cui la pena di morte non dovrebbe esistere. Purtroppo, non dovremmo avere
esempi di persone probabilmente innocenti messe a morte per dimostrare che la pena
di morte è un errore capitale.
Gli appelli alla clemenza si susseguono
e si uniscono a quelli già lanciati in precedenza, compreso quello di Benedetto XVI.
Ascoltiamo il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace.
“Il messaggio del Vangelo non può cambiare.
Noi ci auspichiamo di poter realizzare questo messaggio del Signore in tutte le situazioni:
Egli è venuto perché noi avessimo la vita e l’avessimo nella sua pienezza. In questa
situazione noi non possiamo entrare nel merito e stabilire se la sentenza sia meritata
o no; noi possiamo semplicemente fare un appello: ci auguriamo che il sistema penitenziario
in questo caso possa fare tutto il possibile per risparmiare la vita e mirare alla
conversione e alla trasformazione della persona. Pensiamo che, anziché sopprimere
la vita di qualcuno, anche se è colpevole, se noi riuscissimo a provocare una conversione,
un cambiamento di vita, questo potrebbe aiutare la riconciliazione e la reintegrazione
nella società”.