Usa: Obama annuncia il piano anticrisi da quattromila miliardi in 10 anni
Quattromila miliardi di dollari in dieci anni. E’ l’entità del piano anti-deficit
esposto ieri dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Alla manovra contribuirà
sostanzialmente l’aumento dei tributi alle classi più abbienti. Interventi più modesti
su sanità e pensioni, mentre 1.000 miliardi verranno risparmiati dal ritiro dei contingenti
militari da Iraq e Afghanistan. Da New York, Elena Molinari:
“Le
mie proposte non sono lotte di classe, ma matematica”. Barack Obama si difende dalle
accuse dei repubblicani e contrattacca con un discorso dalla Casa Bianca, ma si è
rifiutato di limitarsi a tagliare i servizi, come vorrebbero invece i conservatori.
Obama ha chiesto al Congresso di aumentare le tasse per le aziende e per i più ricchi,
per un totale di 1.500 miliardi in dieci anni: non per punire chi ha successo –
ha spiegato l’inquilino della Casa Bianca – ma solo per far pagare ai più abbienti
e alle imprese la stessa aliquota della classe media. Obama si è augurato un compromesso
con i repubblicani: per questo ha offerto tagli anche alla mutua per gli anziani e
per i poveri. Ma la rotta di collisione con il partito opposto, in realtà, è delineata.
Obama ha promesso, infatti, di porre il veto a qualsiasi piano antideficit che preveda
solo tagli ai servizi e nessun aumento delle entrate. E lo speaker della Camera, il
repubblicano Boehner, ha giurato di affossare qualsiasi misura che porti
ad un aumento fiscale per i ricchi.
E per un’analisi degli effetti economici
e politici del piano anticrisi presentato da Obama, Giancarlo La Vella ha intervistato
Nico Perrone, docente di Storia Americana all’Università di Bari:
R. – Tutti
i piani si stanno facendo così… Devo dire che questo americano ha qualche cosa di
diverso, perché sembrano non esserci soltanto tagli: sembra che si voglia anche incidere
su un costume americano: quello di fare piani di sviluppo che badavano soltanto ai
ricchi. Questa volta, in qualche modo, compaiono anche i poveri.
D.
– Dal punto di vista politico, quali sono le ricadute per il presidente Obama in questa
iniziativa?
R. – Le ricadute immediate le considero più negative che
positive, perché l’America che lo ha eletto non si aspettava un piano di questo genere.
E’ un piano – a mio parere – rivolto al futuro e al suo futuro elettorale. Quindi,
il presidente sembra puntare su una rielezione, che sembrava ormai difficilissima,
cambiando totalmente il suo elettorato.
D. – In rapporto agli altri
"grandi" del mondo, su questo punto come si pongono gli Stati Uniti?
R.
– La diversità questa volta data dall'America stessa e in qualche misura positiva:
la durata del piano lascia molto meravigliati, perché piani di così forte proiezione
nel tempo sono un po’ inconsueti e di difficile realizzazione. Diciamo che sull’immediato
i risultati saranno modesti. Il lavoro sul quale punta il presidente è proprio quello
di una pre-campagna elettorale rivolta – e insisto su questo punto – a un elettorato
diverso da quello che lo ha portato alla Casa Bianca. Questo vuol dire che il presidente
progetta di catturare i suoi voti prevalentemente in quella parte dell’elettorato
che non ha votato e che tradizionalmente non vota negli Stati Uniti. (mg)