Tensione tra Turchia e Bruxelles sulla presidenza di turno dell'Ue a Cipro
La Turchia congelerà le proprie relazioni con l’Unione Europea se l’anno prossimo
Bruxelles assegnerà a Cipro la presidenza di turno semestrale dell’Unione, nonostante
un possibile fallimento dei negoziati per la riunificazione dell’isola. A sostenerlo
uno dei quattro vice-premier turchi, che ha messo in chiaro come si tratti ormai di
una “decisione” del governo. Salvatore Sabatino ha chiesto a Luigi Bonanate,
docente di Relazioni Internazionali presso l’Università di Torino, se l’Unione Europea
può fare a meno della Turchia dal punto di vista strategico?
R. - Certamente
sì, come ne ha fatto a meno fino a ieri, anche perché, specialmente in termini strategici,
la Turchia comunque fa parte della Nato sin dagli anni Cinquanta, anche se nessuno
ci pensa o se ne ricorda. Quindi, è sempre stata integrata nel sistema difensivo occidentale,
non soltanto europeo.
D. – Questa mossa quanto allontana Ankara dall’Unione
Europea, ambizione che invece ha sempre avuto?
R. – Credo proprio per
niente: non cambierà assolutamente nulla, nel senso che suppongo che queste siano
vicende del tutto occasionali, tempeste in un bicchier d’acqua che in realtà non sono
grossissimi problemi. La Turchia continua ad essere rinviata, quindi se sarà rinviata
di un altro mese o di un altro anno, o se addirittura questa provocazione potesse
servire a risvegliare l’Unione affinché riapra i dossier turchi, questo potrebbe essere
anche una buona cosa! Anche perché l’Europa ha bisogno di rifarsi un po’ la facciata,
in questo momento …
D. – Può essere considerato anche un pretesto della
Turchia per sollevare ancora una volta la questione cipriota di cui si parla davvero
pochissimo?
R. – Sì e no: la questione cipriota ormai risale ai primi
anni Cinquanta, è una storia lunghissima che avevamo praticamente tutti dimenticato.
Adesso siamo arrivati al paradosso, appunto, che una parte – anche se quantitativamente
e storicamente più rilevante, cioè quella di origine greca – diventi addirittura presidente
dell’Unione. Ma a questo non ci si può far niente! La rotazione è statutaria, è fissa
ed obbligatoria per tutti.
D. – Su una cosa non ci sono dubbi: la Turchia
sta tentando di costruirsi un ruolo di primazia nei Paesi della “primavera araba”.
Questa rottura potrebbe trascinare questi Paesi in una posizione di contrapposizione
con Bruxelles?
R. – Ecco, qui tocchiamo questo altro tasto direi ancora
più significativo, che non riguarda tanto Bruxelles quanto il mondo: perché sembra
che in quella parte del Mediterraneo – insomma intorno a Cipro, ma che vuol dire sulle
coste turche, sulle coste libanesi, sulle coste israeliane fino all’Egitto, in sostanza
– si stiano scoprendo grossissimi giacimenti di gas.
D. – Quindi, nessun
“neo-ottomanesimo”; alla base di tutto questo, comunque, secondo lei, ci sarebbero
questioni economiche …
R. – Secondo me, sì. Certamente un altro aspetto
significativo – ma io, personalmente, penso (forse perché lo spero e cerco di ritenerlo
meno importante) che ci sia quello religioso. Erdogan in qualche modo – diciamolo
alla buona – ha un po’ tradito i principi dello Stato laico, della laicità turca.
Il Paese è ottomano ma è un Paese in cui religione e politica sono nettamente separati.
Da qualche anno in qua, come sappiamo tutti, questo distacco è stato un po’ colmato.
Però, non mi sembra che la Turchia – almeno fino ad oggi – abbia dato prove di integralismo.
Quindi, se possibile lo lascerei sullo sfondo, perché servirebbe anche a far capire
agli altri Paesi mediorientali, ma anche a tutti noi, che la religione è una cosa,
la politica è un’altra. E quando si incontrano, ne vengono fuori dei grandi pasticci.
(gf)