Le aspettative dei tedeschi per la visita di Benedetto XVI: intervista col rettore
dell'Accademia Cattolica della Baviera
Sulle aspettative in Germania per il viaggio apostolico di Benedetto XVI nella sua
terra natale, ascoltiamo mons. Florian Schuller, rettore dell'Accademia Cattolica
della Baviera, intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – La prima
aspettativa riguarda il discorso del Santo Padre davanti ai membri del nostro Parlamento,
a Berlino. Da questo discorso penso ci si aspettino degli impulsi per una morale politico-economica,
anche per via della colossale crisi mondiale e non soltanto finanziaria. Questa è
anche una crisi della perdita di fiducia nelle possibilità di risoluzione dei grandi
problemi dell’umanità. Un’altra aspettativa riguarda il campo dell’ecumenismo: molti
attendono una nuova interpretazione di Martin Lutero.
D. – In Germania,
come altrove, il laicato cattolico è molto variegato, in particolare nel campo politico:
c'è un filo conduttore comune in questo settore?
R. – In Germania,
come in ogni società moderna o postmoderna, con i suoi problemi così complessi, è
quasi impossibile trovare un unico filo conduttore. Quello che accomuna i cattolici
è senz'altro la base etica: la dignità dell’uomo, la dignità umana. L’idea fondamentale
del primo articolo della nostra Costituzione è che la voce della Chiesa, attraverso
i laici, venga udita nel campo della bioetica, dell’etica sociale ed economica e della
politica energetica.
D. – Nella Germania di oggi, che si trova di fronte
ad un forte processo di scristianizzazione – processo dovuto alla secolarizzazione
che avanza - qual è l’atteggiamento dei laici cattolici?
R. – Questa
scristianizzazione è un problema fondamentale, che naturalmente interessa tutti noi.
Proprio per questo le nostre accademie cattoliche sono i luoghi preferiti – ed anche
molto fecondi– per il dialogo necessario fra credenti e non.
D. – Quali
sono le principali richieste del laicato cattolico?
R. – Da almeno 500
anni qui abbiamo avuto i cattolici da una parte e i cristiani della tradizione riformatrice
dall’altra. Questa situazione spinge quasi necessariamente i cattolici a ripensare
di continuo la loro prassi personale ed ecclesiale, confrontandola con quella dei
protestanti. Questo è un paragone inevitabile ma anche fertile. Direi che siamo un
po’ più critici degli altri ma non per questo meno fedeli. (vv)