Nei prossimi giorni all'Onu la decisione sulla Palestina
Settimana cruciale, la prossima, per le Nazioni Unite in merito alla richiesta palestinese
di ammettere il proprio Stato come Paese membro. Contrari al via libera gli Usa, mentre
l’Europa appare divisa. Intanto, nei Territori al Fatha ha invocato la mobilitazione
popolare pacifica e dal canto suo il presidente dell’Anp Abu Mazen ha ribadito che
i punti di base della domanda sono: Gerusalemme est capitale e ritorno ai confini
del '67. Proprio sulla questione dei confini Eugenio Bonanata ha intervistato
Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. – La formulazione
che i palestinesi hanno accettato è uno Stato i cui confini siano basati sui confini
precedenti il 1967, con possibili scambi territoriali concordati: questa è la formulazione
che Clinton aveva avanzato, che Netanyahu non ha accolto e che invece i palestinesi
avevano accolto. Quindi, non si sta parlando di un puro ritorno ai confini precedenti
la guerra del ’67, ma di possibili scambi territoriali che possono essere anche di
una certa entità. Questo significa, da parte palestinese, un passo in avanti rispetto
alla vecchia, antica rivendicazione dell’intera Palestina.
D. – Qual
è il valore strategico di questa richiesta?
R. – Il significato strategico
di questa richiesta è il fatto di arrivare ad affermare il diritto del popolo palestinese
ad un proprio Stato da parte dell’Assemblea generale dell’Onu che è la stessa assemblea
che aveva legittimato – nel ’47–’48 – la formazione dello Stato d’Israele: Israele
si basa su quella Risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu. Ora, Abu Mazen, presidente
dell’Autorità nazionale palestinese, ha più volte affermato di preferire – anche rispetto
a questa forzatura presso l’Assemblea generale dell’Onu – il rilancio del processo
negoziale, se da parte di Israele fossero state fatte aperture. Tuttavia, questo non
c’è stato e quindi i palestinesi paiono determinati ad andare avanti sulla via del
voto anche se, pur essendo probabile che ci sarà largamente la maggioranza dei 129
voti a favore, ci sono anche controindicazioni e rischi per i palestinesi.
D.
– Alcuni ritengono che la richiesta dei palestinesi non sia formalmente valida perché,
in fondo, è basata su un armistizio. Cosa dire, al riguardo?
R. – Questo
è vero: le linee di confine definitive non sono state stabilite perché c’è stato un
armistizio con i Paesi in guerra tra cui non c’era, allora, la parte palestinese:
non era una parte in causa ma era inglobata all’interno delle entità giordana, egiziana
e così via. Tuttavia, ci sono state numerose prese di posizione internazionali, anche
da parte dello stesso Consiglio di Sicurezza, che fanno riferimento ai confini del
1967 e quindi, normalmente, il punto di riferimento iniziale per il negoziato internazionalmente
accolto è quello dei confini del ’67.
D. – Quindi, questo non rappresenta
un motivo ostativo?
R. – Mah, vede: il problema è che comunque, anche
quando fu fatta la delimitazione dello Stato israeliano, nel ’47–’48, non c’erano
confini stabiliti; quindi, l’Assemblea generale può dire che ci sono punti di riferimento
per un negoziato. La questione è che occorre tener presente che un voto dell’Assemblea
generale dell’Onu non è imperativo e non è legge: è solo un’espressione di volontà
politica. Quelli che possono avere valore impositivo sono i voti del Consiglio di
Sicurezza. Quindi, sul terreno, il giorno dopo quel voto, nulla cambierà se non una
variazione nella situazione politica regionale e una maggiore legittimità che potrebbero
avere raggiunto i palestinesi.
D. – Cosa significherebbe l’ammissione
dello Stato palestinese come osservatore permanente presso l’Onu?
R.
– E’ lo stesso status del Vaticano, quindi non è una cosa da poco. E’ certamente un
“upgrade”. Occorre tener presente che proprio l’altro giorno Netanyahu ha dichiarato
di essere d’accordo su un “upgrade” dello status palestinese all’Onu se questo non
arriva alla dichiarazione dello Stato palestinese. E’ un po’ il tentativo che sta
facendo anche la Ashton per unificare la posizione europea: occorre capire se, appunto,
ai palestinesi questo possa bastare … (gf)