L'Onu riconosce il Cnt libico. In Siria 39 morti solo ieri
Nuovo importante traguardo per il Consiglio Nazionale transitorio libico. Questa volta
il riconoscimento giunge dall’Onu che la prossima settimana ospiterà al Palazzo di
Vetro di New York Jalil come rappresentante ufficiale della Libia. Nel Paese, però,
la situazione è ancora estremamente instabile, con oppositori e lealisti del colonnello
Gheddafi che continuano a darsi battaglia. Amina Belkassem:
E la situazione
resta tesa pure in Siria, dove ieri – nel 29° venerdì consecutivo di proteste – è
proseguita la repressione di Bashar al Assad contro i suoi oppositori. 39 le vittime,
concentrate soprattutto ad Hama, epicentro delle proteste. Intanto a Istanbul il neo
CNT siriano, creato da dissidenti interni e residenti all’Estero comincia a lavorare
per la transizione del Paese. Ed incassa già i primi appoggi. Il servizio è di Marina
Calculli:
Libia e Siria,
due crisi differenti; l’una sfociata in guerra aperta tra sostenitori e oppositori
di Gheddafi, l’altra invece impantanata in una repressione senza fine. In entrambi
i casi, però, è stato formato un Consiglio nazionale transitorio (Cnt): organo che
dovrebbe garantire la transizione verso Stati democratici. Quali le differenze tra
i due Cnt, quello di Misurata e quello con sede ad Istanbul? Salvatore Sabatino ne
ha parlato con Alessandro Politi, analista politico e strategico:
R. - Quella
di Misurata è una figura affermata, che dovrà ormai prepararsi ad una transizione,
perché poi bisognerà stabilire una costituzione delle regole elettorali; il Cnt deve,
però, ancora chiudere l’ultima fase della guerra civile all’interno della Libia. Il
Consiglio nazionale di transizione siriano è, invece, un Consiglio composto per più
delle metà da dissidenti siriani - i cui nomi restano, però, segreti per evitare arresti
da parte delle forze di sicurezza - e da un 40 per cento di dissidenti in esilio.
Il fatto che si sia poi costituito ad Istanbul è certamente un segnale politico molto
chiaro, così come è interessante il fatto che prevedano in sei mesi di abbattere il
regime.
D. – Il Cnt libico è considerato da molti Paesi come l’interlocutore
ufficiale della nuova Libia: quello siriano riuscirà a seguire questo percorso di
riconoscimento internazionale?
R. - E’ difficile, perché per tutti quanti i
gruppi politici in esilio è sempre molto complicato agli inizi ottenere appoggi: l’appoggio
più consistente per ora è quello turco e proprio il Paese anatolico si conferma come
un attore molto importante della scena euro-atlantica.
D. - Come mai, nonostante
i numerosi appelli della Comunità internazionale e le sanzioni imposte, il regime
siriano non ha fatto ancora alcun passo indietro?
R. - Perché le sanzioni richiedono
tempo e il governo siriano pensa che il tempo lavori a proprio favore: il che non
è proprio così scontato!
D. - Invece, in Libia gli osservatori internazionali
temono infiltrazioni di al Qaeda: come evitare in questo caso la deriva estremista?
R.
- I combattenti jihadisti, che hanno contribuito alla caduta di Gheddafi sono stati
- in modo, forse, poco assennato - aiutati dai governi francese ed americano: questo
nella fretta di chiudere la campagna e di avere dei combattenti certamente più esperti
rispetto a tanti altri. Speriamo ora che questo errore non abbia serie conseguenze.
L’antidoto migliore è comunque la democrazia: i libici stessi sono il miglior antidoto
se le loro regole sono davvero democratiche. Anche se ci fossero nuovamente nascite
di fenomeni terroristici, sarebbero immediatamente isolati sul piano politico. (mg)