La Santa Sede all'Onu: nessuna deroga al diritto alla salute per gli anziani
La vecchiaia non è un peso per la società, ma una benedizione per le generazioni più
giovani, e la vita un dono che non può essere interrotto facendo ricorso a forme di
eutanasia. A dichiararlo è stato mons. Silvano Tomasi, osservatore permanente della
Santa Sede presso l’ufficio Onu di Ginevra, parlando ieri alla 18.ma sessione del
Consiglio dei diritti umani. Il servizio di Davide Maggiore:
L’aumento
della popolazione in età avanzata è un fenomeno trasversale a tutte le culture ed
è in crescita anche nei Paesi in via di sviluppo. Da qui mons. Tomasi ha preso le
mosse nel commentare i dati dello studio Onu sulla realizzazione del diritto alla
salute negli anziani. Gli ultra sessantenni erano 760 milioni nel 2010, e dovrebbero
raggiungere il miliardo di persone a fine decennio. La Chiesa cattolica, ha spiegato
mons. Tomasi, è impegnata nel garantire loro “una cura speciale” senza far coincidere
“vecchiaia e malattia”, come raccomanda il documento internazionale. Sono quasi 15.500
le strutture per anziani sostenute dalla Chiesa, nella convinzione che, come ha dichiarato
Papa Benedetto XVI “ogni generazione può imparare dall’esperienza e dalla saggezza
di quella che l’ha preceduta” e che quindi la cura degli anziani non dovrebbe essere
considerata un semplice “atto di generosità” quanto il modo di ripagare “un debito
di gratitudine”. La delegazione vaticana ha voluto esprimere una “forte obiezione”
riguardo la parte del rapporto in cui si accenna all’ “autonomia del paziente nel
decidere sulla fine della vita”. “Crediamo fermamente – ha dichiarato mons. Tomasi
– che la vita sia un dono che nessuno ha il cosiddetto “diritto” di terminare”. La
morte, ha proseguito il rappresentante della Santa Sede “è il culmine di un processo
naturale e nessuno, nemmeno la stessa persona sofferente, ha diritto a causarla o
affrettarla”. L’esortazione indirizzata a medici e scienziati, è quindi di “portare
avanti ricerche per prevenire e curare le malattie legate alla vecchiaia, senza assolutamente
cedere a pratiche che abbreviano la vita, “che si rivelerebbero, nei fatti, forme
di eutanasia”.