Alla Sagra Musicale Umbra i polifonisti delle Riduzioni gesuitiche del Sudamerica
Continua il percorso della Sagra musicale umbra sul tema "Dal Vecchio al Nuovo mondo".
Protagonisti oggi del prestigioso Festival di musica sacra, il Gesuita e compositore
Domenico Zipoli e altri polifonisti attivi tra il '600 e il '700 nelle Riduzioni gesuitiche
in Sudamerica. Autori completamente dimenticati al cui fianco, in programma ai due
concerti odierni a Trevi e a Solomeo, troviamo le maggiori firme del barocco europeo:
Monteverdi, Haendel, Pasquini e Scarlatti. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Esiste un
patrimonio polifonico europeo che con il suo mirabile intreccio di voci e strumenti
ha raggiunto tra il '600 e il '700 il Nuovo Mondo, esistono compositori barocchi nati
in Sudamerica o lì emigrati: il frutto è una tradizione musicale feconda ma ancora
per lo più d’archivio. I due concerti di oggi tentano di colmare il vuoto proponendo
sì l’ascolto del miglior barocco veneto e napoletano, ma anche di ciò che si suonava
contemporaneamente in Perù, Bolivia, Paraguay, Messico, opere di polifonisti dimenticati
come Juan de Araujo, Diego Josè de Salazar, Francisco Lopez de Capillas e naturalmente
di Domenico Zipoli, che ancora novizio lasciò l’incarico di organista alla Chiesa
del Gesù a Roma per andare missionario nelle Riduzioni gesuitiche in Argentina, comunità
davvero speciali, in cui cultura e fede crescevano nel rispetto e nella pace. Gabriele
Giacomelli è tra i maggiori studiosi di Zipoli:
“La musica
è stata veramente un veicolo di sviluppo ulteriore, di approfondimento della fede:
in una pratica musicale comunitaria nella quale gli indios subito si riconobbero,
istituendo questi cori e queste orchestre e cominciando anche a costruire, essi stessi,
gli strumenti musicali. E’ chiaro che inizialmente veniva tutto importato dall’Europa…
La particolarità dell’evangelizzazione dei Padri gesuiti era quella di rendere poi
queste popolazioni perfettamente autonome, anche di comporre e poi di eseguire la
musica”.
E la musica di Zipoli da Cordoba sulle Ande, dove il maestro
pratese fondò una scuola, attrasse indios di diverse etnie: lo richiedevano e lo veneravano
in tutta l’America Latina, più dei contemporanei di area cattolica. Un patrimonio
di arte e di fede che come la polifonia di Haendel e di Scarlatti, che risuonava allora
in Occidente, continua a contribuire alla formazione di popoli poi non così lontani.
Ancora Gabriele Giacomelli :
“Quella di Zipoli pare proprio fosse quella
che parlava più direttamente al cuore di queste popolazioni. Probabilmente per le
caratteristiche stesse di questa musica, che è una musica piuttosto diretta, che abbandona
il contrappunto troppo complesso, che è accattivante dal punto di vista melodico.
Ci sono ancora delle realtà, a parte quella della stessa città di Cordoba, anche in
aree piuttosto sperdute nel nord della Bolivia: vi sono scuole di musica che hanno
in repertorio ancora musica di Zipoli”. (mg)