Kenya: dichiarazione dei vescovi sulla sacralità della vita e contro l’aborto
La vita è sacra, dal concepimento fino alla morte naturale, e l’aborto è l’uccisione
deliberata e diretta di un essere umano. È quanto scrive la Conferenza episcopale
del Kenya (Kec) in una dichiarazione pubblicata ieri, a firma del presidente dei vescovi,
il cardinale John Njue. Il documento è stato reso noto alla vigilia di una conferenza
sul tema della mortalità materna e della salute riproduttiva, organizzata dall’Associazione
medica del Kenya (Kma) per le giornate del 15 e 16 settembre. “Anche se il titolo
della conferenza suona innocente ed innocuo – scrivono i vescovi – in realtà il tema
principale in agenda è l’aborto e la sua introduzione nei servizi sanitari del Paese”.
Inoltre, la Kec sottolinea come l’elenco dei relatori sia limitato a quelli “pro-choice”
e come i lavori del convegno siano a porte chiuse, il che porta a chiedersi “se si
voglia tenere lontano chi dissente dalla conferenza stessa”. Certo, la Kec riconosce
il problema della mortalità materna, pari a “488 donne su 100mila”, ma ricorda che
la Chiesa cattolica “attraverso 446 strutture sanitarie in tutto il Paese offre un’assistenza
sanitaria sicura, soprattutto nei posti più lontani e più difficili da raggiungere,
dove altri organismi non sono presenti”. Perché “la Chiesa promuove e difende la dignità
e il rispetto della vita umana secondo il disegno di Dio”, mentre “si oppone a qualsiasi
iniziativa o tentativo di distruggere o andare contro il corso naturale della vita”.
In questo senso, “l’aborto è l’uccisione di un essere umano e non è mai ammissibile”.
D’altronde, continua la nota episcopale, anche l’art. 26 della Costituzione del Kenya
afferma che “ogni persona ha diritto alla vita” e che “l’aborto non è consentito”.
Per questo, “promuovere la legalizzazione dell’aborto sarebbe in contrasto con la
legge suprema del Paese”. Nello specifico, la Kec “si oppone all’inclusione, nella
Costituzione, di un avvertimento che permetterebbe l’aborto attraverso il giudizio
di un operatore sanitario qualificato o qualsiasi altra legge scritta”. Anche perché
“una legislazione sull’interruzione volontaria di gravidanza che assicuri l’aborto
su richiesta non risolverà il problema di fondo che porta alla necessità di pensare
all’aborto stesso. Piuttosto, sarebbe solo una soluzione momentanea, una di quelle
che contribuiscono all’ulteriore decadimento del tessuto morale della società”. Di
qui, l’appello dei vescovi a guardare all’accettazione dell’aborto come ad “un segno
eloquente di una crisi estremamente pericolosa del senso morale, dell’incapacità di
distinguere il bene dal male, anche quando è in gioco il diritto fondamentale della
vita”. Due sono, invece, le domande da porsi, incalza ancora la KEC: “Perché c’è un
aumento di gravidanze indesiderate nel Paese? E da quando i bambini non ancora nati
sono diventati indesiderati, mentre secondo i valori tradizionali africani tutti i
più piccoli sono ritenuti validi membri della comunità?”. Per questo, i vescovi kenioti
si oppongono alla conferenza organizzata dalla Kma: “Essa non solo ha intenzioni negative
– si legge ancora nella dichiarazione – ma prevede anche di rappresentare una discussione
di parte, che può portare solo su una strada sbagliata il tessuto morale della nostra
società”. In conclusione, i presuli dicono no “al contenuto e al motivo della conferenza
che va contro gli insegnamenti della Chiesa cattolica, i valori tradizionali africani
e la costituzione del Kenya”, ed invitano tutti i professionisti e tutte le persone
di buona volontà a riconoscere l’importanza del diritto alla vita. (I.P.)