2011-09-15 08:32:21

Australia, appello dei vescovi per i detenuti: “Costruire ponti, non muri”


“Costruire ponti, non muri”: è l’appello lanciato dalla Conferenza episcopale australiana in relazione alla questione carceraria nel Paese. Il richiamo è contenuto nel documento programmatico 2011-2012, pubblicato in questi giorni dal Consiglio australiano cattolico per la giustizia sociale. L’organismo, collegato alla Conferenza episcopale locale, è presieduto da mons. Christopher Saunders, vescovo di Broome. “Dobbiamo riflettere sulla condizione dei detenuti – scrive il presule nella prefazione del documento – Tra il 1984 ed il 2008, il numero degli australiani in prigione è quasi raddoppiato. Ma il tasso di criminalità è rimasto invariato o è diminuito”. Senza contare che “la maggior parte dei detenuti australiani proviene da fasce svantaggiate della società: indigeni, diseredati, malati mentali. Stando così le cose, dobbiamo chiederci se il sistema giudiziario amministri davvero la giustizia nella nostra comunità”. Naturalmente, continua mons. Saunders nella sua prefazione, “non stiamo cercando di giustificare i crimini o di minimizzare il terribile impatto che essi possono avere sulla popolazione innocente”. Tuttavia, è necessario porsi alcune domande: “Perché così tante persone sono nelle carceri australiane? Esistono alternative costruttive alla prigione? Cosa si fa per aiutare i detenuti a condurre una vita proficua, una volta scontata la loro pena?” Ringraziando, poi, “l’instancabile lavoro” di tutti i cappellani carcerari, il presule ricorda l’attenzione di Gesù per gli emarginati, così come la prigionia patita da tanti martiri cattolici. L’auspicio finale è che il documento programmatico aiuti gli australiani a non dimenticare la questione carceraria. Suddiviso in tre sezioni – intitolate “La prigione ultima spiaggia?”, “L’insegnamento della Chiesa”, “Qual è la risposta dei cristiani?” – il dossier riporta anche molte testimonianze dei cappellani carcerari. Tra i punti che vengono maggiormente sottolineati, c’è la disparità di trattamento dei detenuti nelle diverse prigioni del Paese, il richiamo a rispettare la dignità umana di tutte le persone, incluse quelle che hanno commesso un crimine, l’invito a cercare una soluzione per quei fattori sociali che contribuiscono al reato, l’appello a contribuire al reinserimento degli ex detenuti nella società, così come a pensare ad alternative realistiche alla detenzione. Infine, i cristiani vengono chiamati a costruire un “nuovo senso di comunità”, sull’esempio evangelico della parabola del figliol prodigo. (I.P.)







All the contents on this site are copyrighted ©.