Australia, appello dei vescovi per i detenuti: “Costruire ponti, non muri”
“Costruire ponti, non muri”: è l’appello lanciato dalla Conferenza episcopale australiana
in relazione alla questione carceraria nel Paese. Il richiamo è contenuto nel documento
programmatico 2011-2012, pubblicato in questi giorni dal Consiglio australiano cattolico
per la giustizia sociale. L’organismo, collegato alla Conferenza episcopale locale,
è presieduto da mons. Christopher Saunders, vescovo di Broome. “Dobbiamo riflettere
sulla condizione dei detenuti – scrive il presule nella prefazione del documento –
Tra il 1984 ed il 2008, il numero degli australiani in prigione è quasi raddoppiato.
Ma il tasso di criminalità è rimasto invariato o è diminuito”. Senza contare che “la
maggior parte dei detenuti australiani proviene da fasce svantaggiate della società:
indigeni, diseredati, malati mentali. Stando così le cose, dobbiamo chiederci se il
sistema giudiziario amministri davvero la giustizia nella nostra comunità”. Naturalmente,
continua mons. Saunders nella sua prefazione, “non stiamo cercando di giustificare
i crimini o di minimizzare il terribile impatto che essi possono avere sulla popolazione
innocente”. Tuttavia, è necessario porsi alcune domande: “Perché così tante persone
sono nelle carceri australiane? Esistono alternative costruttive alla prigione? Cosa
si fa per aiutare i detenuti a condurre una vita proficua, una volta scontata la loro
pena?” Ringraziando, poi, “l’instancabile lavoro” di tutti i cappellani carcerari,
il presule ricorda l’attenzione di Gesù per gli emarginati, così come la prigionia
patita da tanti martiri cattolici. L’auspicio finale è che il documento programmatico
aiuti gli australiani a non dimenticare la questione carceraria. Suddiviso in tre
sezioni – intitolate “La prigione ultima spiaggia?”, “L’insegnamento della Chiesa”,
“Qual è la risposta dei cristiani?” – il dossier riporta anche molte testimonianze
dei cappellani carcerari. Tra i punti che vengono maggiormente sottolineati, c’è la
disparità di trattamento dei detenuti nelle diverse prigioni del Paese, il richiamo
a rispettare la dignità umana di tutte le persone, incluse quelle che hanno commesso
un crimine, l’invito a cercare una soluzione per quei fattori sociali che contribuiscono
al reato, l’appello a contribuire al reinserimento degli ex detenuti nella società,
così come a pensare ad alternative realistiche alla detenzione. Infine, i cristiani
vengono chiamati a costruire un “nuovo senso di comunità”, sull’esempio evangelico
della parabola del figliol prodigo. (I.P.)