2011-09-14 15:46:43

Truppe siriane al confine turco: decine di vittime


In Siria prosegue lo scontro cruento tra il regime di Damasco e l’opposizione che continua a manifestare contro il presidente al Assad. Le forze dell'ordine da stamani sono impegnate in alcuni interventi militari in diversi villaggi nel nord-ovest del Paese, ai confini con la Turchia. Lo riferisce l'Osservatorio siriano dei diritti dell'Uomo. Drammatico il bilancio della repressione nelle ultime 24 ore: almeno 27 le persone rimaste uccise nel corso di operazioni per fronteggiare la rivolta. Mentre l’Unione Europea minaccia nuove sanzioni, anche il primo ministro turco, Erdogan, accusa Assad di non aver varato le riforme necessarie. Intanto, proprio Erdogan sta continuando il suo tour diplomatico che, dopo l’Egitto, lo vede oggi in Tunisia e domani in Libia. Sul ruolo di Ankara nelle crisi del mondo arabo, Giancarlo La Vella ha intervistato Luciano Ardesi, esperto di nord-Africa:RealAudioMP3

R. - Mi pare di capire che la Turchia cerchi di assumere un ruolo regionale, quanto meno, in un’area dove - soprattutto nell’ultimo anno - è mancata una egemonia. Lo ha manifestato la “primavera araba”, con la presenza di tutti i principali attori, l’Unione Europea, la Nato, gli Stati Uniti, ma senza che nessuno di questi Paesi abbia la possibilità di dire l’ultima parola. La Turchia credo che si stia inserendo in questo vuoto. Probabilmente è il timore che l’opposizione interna possa risvegliare la Turchia cerca di controllare il suo vicinato, facendo in modo che non degenerino in rivolte che possono poi contagiare il Paese. Di fatto, esiste un pericolo per un Paese musulmano come la Turchia, che possa prima o poi essere contagiato da questa spinta.

D. - Quindi un modo per contrapporre alla possibilità che si instaurino regimi fondamentalisti un islam moderato?

R. - Diciamo che la Turchia, che ha abbracciato in questi ultimi anni un cammino diverso da quello laico e tradizionale del suo fondatore, Ataturk: ha, però, tutto l’interesse a non esasperare l’influenza dell’islam sia nella vita politica che in quella sociale, ma è chiaro che mantiene un equilibrio. La Turchia non ha rotto completamente con l’Europa, anche se ne è rimasta delusa per l’emarginazione di cui è stata in parte vittima; dall’altro canto, è consapevole che anche le tensioni che ci sono nell’area - non solo per le rivolte arabe, ma basti pensare anche al conflitto israelo-palestinesi - la Turchia ha timore che questi focolai si traducano - prima o poi - in elementi di instabilità. Da qui anche una decisione di rivedere la propria politica nei confronti di Israele: dettata certamente dallo “schiaffo” ricevuto con l’attacco israeliano alle proprie navi, ma anche perché questo focolaio, come in parte le rivolte arabe dimostrano, è un elemento di destabilizzazione di tutta l’area mediterranea.

D. - Proprio per quanto riguarda i rapporti con l’Unione Europea: questa missione Erdogan è un tentativo di porsi come primo mediatore in un’area così in crisi e in modo tale da provocare un riavvicinamento con Bruxelles?

R. - Sicuramente la Turchia, che è anche membro della Nato, della Nato che sta bombardando la Libia, è chiaro che vuole rivedere gli equilibri all’interno del sistema delle alleanze con i singoli Paesi europei e con l’Unione Europea. Sicuramente il tentativo sarà di riequilibrare a proprio favore questa alleanza tradizionale che la Turchia vorrebbe, in qualche modo completare, con un suo eventuale ingresso nell’Unione Europea, contrastato in questi ultimi anni. (mg)







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