Il Salmo 22 sull'innocente perseguitato al centro della catechesi del Papa all'udienza
generale
Il Papa ha dedicato l’udienza generale di stamani nell’Aula Paolo VI, in Vaticano,
al Salmo 22 che presenta in toni drammatici la figura dell’innocente perseguitato.
Un Salmo dalle forti implicazioni cristologiche – ha affermato Benedetto XVI – che
c’invita a non perdere la fiducia anche quando Dio sembra assente. Il servizio di
Amedeo Lomonaco:
Il Salmo
22 – ha detto il Papa - è una preghiera “accorata e toccante” che ci porta ai piedi
della Croce di Gesù “per rivivere la sua passione e condividere la gioia feconda della
risurrezione”:
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido. Mio Dio, grido di giorno e non
rispondi; di notte, e non c’è tregua per me (vv. 2-3)”.
Il
Salmo – ricorda il Papa – presenta la figura di un innocente perseguitato e circondato
da avversari che ne vogliono la morte. Nella sua preghiera, senza mai rinunciare alla
speranza, si alternano “la realtà angosciante del presente” e la “memoria consolante
del passato”. Il suo grido è un appello rivolto a un Dio che appare lontano, che “sembra
averlo abbandonato”:
“Dio tace, e questo silenzio lacera l’animo
dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta. I giorni e le
notti si succedono, in una ricerca instancabile di una parola, di un aiuto che non
viene; Dio sembra così distante, così dimentico, così assente”.
Se
Dio non risponde – sottolinea il Santo Padre – “il grido di aiuto si perde nel vuoto
e la solitudine diventa insostenibile”. Ma il salmista non può credere che il Signore
lo abbia abbandonato e sollecita un contatto, cerca “una relazione che possa donare
conforto e salvezza”. Il suo grido iniziale, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
è riportato dai Vangeli di Matteo e di Marco come il grido lanciato da Gesù morente
sulla Croce:
“Esso esprime tutta la desolazione del Messia, Figlio
di Dio, che sta affrontando il dramma della morte, una realtà totalmente contrapposta
al Signore della vita. Abbandonato da quasi tutti i suoi, tradito e rinnegato da discepoli,
attorniato da chi lo insulta, Gesù è sotto il peso schiacciante di una missione che
deve passare per l’umiliazione e l’annichilimento. Perciò grida al Padre, e la sua
sofferenza assume le parole dolenti del Salmo”.
Ma il Suo non è
un grido disperato come non lo è quello del salmista, che nella sua supplica percorre
un cammino tormentato. Un cammino che sfocia, però, “in una prospettiva di lode, nella
fiducia della vittoria divina”:
“La preghiera straziante di Gesù,
pur mantenendo la sua carica di indicibile sofferenza, si apre alla certezza della
gloria… Nella sua passione, in obbedienza al Padre, il Signore Gesù attraversa l’abbandono
e la morte per giungere alla vita e donarla a tutti i credenti”.
Nel
Salmo, al silenzio di Dio, alla sua apparente assenza si contrappone una presenza
e una vicinanza che accompagna tutta la vita dell’uomo. Il salmista riconosce questa
vicinanza, questo amore, ma percepisce anche una vicinanza che lo spaventa, quella
dei nemici. Il lamento allora diventa supplica e l’angoscia altera la percezione del
pericolo. Gli avversari appaiono invincibili. Sono diventati “animali feroci e pericolosissimi”,
mentre il salmista è come un piccolo verme:
“Ma queste immagini usate
nel Salmo servono anche a dire che quando l’uomo diventa brutale e aggredisce il fratello,
qualcosa di animalesco prende il sopravvento in lui, sembra perdere ogni sembianza
umana; la violenza ha sempre in sé qualcosa di bestiale e solo l’intervento salvifico
di Dio può restituire l’uomo alla sua umanità”.
Con immagini drammatiche,
che ritroviamo nei racconti della Passione di Cristo, si descrive il disfacimento
del corpo del condannato. Ecco allora, impellente, di nuovo la richiesta di soccorso
da parte del salmista:
“E’ questo un grido che dischiude i cieli,
perché proclama una fede, una certezza che va al di là di ogni dubbio, di ogni buio
e di ogni desolazione. E il lamento si trasforma, lascia il posto alla
lode nell’accoglienza della salvezza”.
Cosi il Salmo – spiega il
Papa – si apre al rendimento di grazie, “al grande inno finale che coinvolge tutto
il popolo, i fedeli del Signore”:
“Il Signore è accorso in aiuto,
ha salvato il povero e gli ha mostrato il suo volto di misericordia. Morte
e vita si sono incrociate in un mistero inseparabile, e la vita ha trionfato, il Dio
della salvezza si è mostrato Signore incontrastato, che tutti i confini della terra
celebreranno e davanti al quale tutte le famiglie dei popoli si prostreranno”.
È
la vittoria della fede, che può trasformare "la morte in dono della vita, l’abisso
del dolore in fonte di speranza".