Tavola rotonda per festeggiare i 40 anni della Caritas Italiana. Con noi, don Vittorio
Nozza
La Caritas Italiana compie 40 anni e rilegge il quarantennio attraverso un percorso
di riflessione su temi e scelte pastorali con l’obiettivo di scrivere nuove pagine
di testimonianza della carità in contesti che cambiano. Oggi il secondo appuntamento
dei 10 in programma a Roma fino a novembre: una tavola rotonda tra i direttori dei
media cattolici sull’azione della Caritas in un mondo frammentato. Tre le parole d’ordine:
memoria di quanto fatto, fedeltà al mandato, profezia cioè capacità di orientarsi
verso il futuro. A seguire i lavori di oggi per noi c’era Gabriella Ceraso:
Dov’è la
Caritas? Qual è il suo futuro? E come viene colta la sua presenza nel mondo? Rispondono
oggi i direttori dei media cattolici, che osservano questa realtà quarantenne di servizio
della Chiesa da un punto di vista privilegiato. La funzione, i compiti, gli aspetti
fondamentali della Caritas sono incardinati nel Magistero papale degli ultimi anni:
questo emerge dalla relazione “Chiesa e Carità” di padre Federico Lombardi, direttore
della nostra emittente. L’amore – dice – è l’unica vera risposta di lungo termine
ai grandi fatti della storia ed è in questa prospettiva che si inserisce l’operato
della Chiesa. E questo amore si delinea – spiega padre Lombardi – dalla "Novo Millennio
Ineunte" di Giovanni Paolo II ai documenti di Benedetto XVI. E’ un amore che nasce
dalla contemplazione di Cristo per diventare cuore della Chiesa, che va nel mondo
accogliendo tutti; un amore gratuito, una carità operosa, un servizio comunitario
non delegabile ad altri. All’operato della Caritas a livello internazionale guarda
invece padre Giulio Albanese, direttore di "Popoli e Missioni", nel suo intervento
su Chiese sorelle nel mondo. Il suo è il ringraziamento per quanto si fa, ma anche
una serie di raccomandazioni per migliorare, a partire dalla maggiore condivisione,
dalla migliore comunicazione attraverso le fonti della stampa di cui la Chiesa dispone.
Dell’operato della Caritas nel mondo, a livello di cooperazione, pace e diritti parla
anche padre Gian Paolo Salvini, direttore della "Civiltà Cattolica": “C’è un giudizio
favorevole – dice – di cui godono gli interventi della Caritas, specie nelle emergenze,
perché più agili e immediati”. “Ma cosa si può fare di più? - si chiede - sicuramente
passare dall’assistenza allo sviluppo, ma non a quello esportato, sebbene a quello
più rispettoso delle realtà locali”. Infine, dalle parole di Dino Boffo, direttore
di TV2000, emerge l’apporto sistematico che da 40 anni Caritas fornisce alla rete
di servizi sociali italiani: osservatori, centri di ascolto, animazioni e accoglienza
sono – ha detto – una risorsa grande, spesso critica ma indispensabile, per individuare
i bisogni e rispondere coniugando carità e giustizia.
Per un bilancio di
questi primi 40 anni ascoltiamo, al microfono di Federico Piana, il direttore
di Caritas italiana, don Vittorio Nozza:
R. – Anzitutto,
Caritas è andata sviluppandosi e crescendo e questo è un po’ il cuore - come dice
Benedetto XVI nella "Deus caritas est" - “un cuore che vede, capace di cogliere i
bisogni e poi di intervenire”. E’ andata crescendo moltissimo l’azione dell’ascolto,
dell’osservazione, dell’accompagnamento: qui gli strumenti dei centri di ascolto e
dell’osservazione delle povertà e delle risorse hanno fatto sì che si moltiplicassero,
in questi 40 anni, tutta una serie di azioni di accompagnamento del singolo, del gruppo
e della realtà che in pratica si trova, per motivi diversi, in situazione di povertà
e di disagio. In secondo luogo, sono andate molto crescendo le Caritas diocesane:
in pratica sono un po’ loro, soprattutto loro che nei territori delle diocesi quotidianamente
- diremmo - aprono questa prossimità, questa gratuità nei confronti delle povertà
più impensate, che - purtroppo - sono andate crescendo, assumendo anche volti nuovi
e diversi man mano che gli anni passavano. Allo stesso tempo, però, hanno saputo anche
animare e movimentare sia comunità ecclesiali sia territori, istituzioni pubbliche
ed altro.
D. - Ci sono stati dei progressi per quanto riguarda poi
la gestione delle emergenze…
R. - E’ andata molto crescendo l’azione
e la capacità d’intervento nei momenti dell’emergenza. Il nostro modo di essere presenti
nell’emergenza non è addetto a fare chissà che cosa, quanto a vivere una prossimità
fin dall’inizio: ad accompagnare le persone nella prima fase dell’emergenza e poi
ad entrare nella fase di ricostruzione; e soprattutto, poi, un accompagnamento che
si allunga negli anni, in termini di promozione, di sviluppo e, quindi, anche di risposta
e sostegno da dare a quelle che sono poi le necessità prime, indipendentemente da
qualsiasi sia l’emergenza.
D. - Le sfide future?
R. -
Noi abbiamo terminato, proprio a maggio, consegnandolo all’assemblea della Conferenza
episcopale italiana, il censimento sulle opere caritative ecclesiali in Italia: siamo
attorno alle 15 mila opere che le chiese, che le diocesi hanno in atto nei territori
al servizio delle povertà più diverse. Questo grande patrimonio di carità - come veniva
sottolineato da Benedetto XVI ad Ancona, domenica scorsa, “lo stare in ginocchio di
fronte all’Eucaristia”, deve porre poi lo stare in ginocchio a servire i piedi delle
persone in difficoltà. E ha bisogno di contesti caldi e ricchi di relazioni. Non possono
bastare le molteplici opere - piccole, medio o grandi che siano - in risposta ai bisogni,
ma c’è bisogno di scaldare - e quindi di relazione, di prossimità spicciola, di carità
di popolo - i nostri condomini, i nostri cortili, le nostre realtà di vita di ogni
giorno: far sì che quanto di grande in termini di prossimità e di gratuità stia comunque
dentro una carità di popolo, disseminata nel cuore di ognuno. Questa è la grande azione
educativa che è sì presente, ma che è da incrementare nel futuro. (mg)