Crisi economica: si rafforza il ruolo della Cina a livello internazionale
Fonti del Tesoro italiano hanno confermato l'incontro, la scorsa settimana, tra il
ministro dell'Economia Giulio Tremonti ed una delegazione di investitori cinesi. Nessun
commento sull'oggetto dei colloqui che, secondo le indiscrezioni del "Financial Times",
potrebbe riguardare l’acquisto di titoli pubblici italiani da parte di Pechino. Quali
gli scenari che si aprono a questo punto? Salvatore Sabatino ne ha parlato
con Luigi Campiglio, docente di Politica Economica presso l’Università Cattolica
di Milano:
R. – Si
apre uno scenario, nel breve periodo, incoraggiante, perché se davvero la Cina è intenzionata
ad impegnarsi ad acquistare titoli di Stato italiani, questo avrà un effetto diretto
sulla facilità o difficoltà di collocare il debito; ma soprattutto avrà un effetto
altrettanto diretto e più importante sui mercati, nel momento in cui sono consapevoli
che dietro potrebbe esserci la Cina.
D. – Il fatto che la Cina sia così
presente in Europa potrà avere ricadute anche sulla produzione industriale del “Vecchio
Continente”?
R. – Un effetto potrebbe averlo e potrebbe essere forse
più positivo di quanto molti ritengano. Infatti, molte aziende italiane già sono in
Cina ed alcune stanno lavorando molto bene. Nel momento in cui la Cina, che "siede"
su un volume di riserve straordinario, si propone come interlocutore anche sul piano
manifatturiero con delle joint venture, la questione diventa veramente interessante.
D.
– La Cina ha già acquistato il debito americano, quello della Grecia ed è molto presente
nel continente africano. Non si rischia di spostare il baricentro economico internazionale
troppo verso Oriente?
R. – Non credo che ci sia un pericolo così forte
al momento. Vedo soprattutto la possibilità di decongestionare in tempi molto brevi
una situazione che per l’Europa, ed anche l’Italia, è effettivamente di febbre alta.
Una volta che la febbre fosse tornata normale, a quel punto noi dovremmo pensare seriamente
di riportare in particolare il debito pubblico in proporzioni più ragionevoli per
gli obiettivi di crescita che a quel punto sono anche favoriti dalla presenza cinese.
D.
– Decongestionare va bene, però, un prezzo da pagare ci sarà pure. Qual è?
R.
– Il prezzo da pagare ci sarà, ma è un prezzo a medio termine. Lo si vede molto concretamente
nel caso americano. In quel caso è accaduto, infatti, che per almeno dieci anni la
ripresa americana fino all’apice della crisi sia stata sostanzialmente finanziata
dall’eccesso di risparmio cinese. Questa è una tesi cara a Bernanke, che è l’attuale
governatore della Riserva Federale Americana, ed è vero. Se lei guarda i flussi, questo
è vero. La colpa della politica americana è stata di consentire che tutto questo diventasse
la norma. Ora, è evidente che gli Stati Uniti hanno vissuto, come si usa dire, al
di là delle proprie risorse per troppi anni.
D. – E c’è il rischio,
secondo lei, che questo diventi una norma anche in Europa?
R. – Il rischio
c’è, ma dipende da noi: siamo noi quelli che possono costruire o disfare il proprio
destino.(ap)