In 10 anni oltre 500 operatori dei media uccisi nel mondo
Negli ultimi 10 anni più di 500 giornalisti e operatori di mezzi di comunicazione
sono stati uccisi. Molti altri sono stati feriti, hanno subito intimidazioni, sequestri,
detenzioni illegali. Per riflettere su questi dati e individuare modalità per garantire
la sicurezza e la libertà di espressione, l’Unesco ha organizzato un incontro domani
e dopodomani a Parigi. Da rilevare tra l’altro che la maggior parte degli attacchi
non colpiscono corrispondenti di guerra ma giornalisti che lavorano nei loro Paesi,
spesso in tempo di pace. Debora Donnini ha intervistato Domenico Affinito,
vicepresidente di Reporter senza frontiere in Italia:
R. - Gli
ultimi 10 anni sono stati particolarmente difficili per il mondo dell’informazione
e questo per tanti motivi: da una parte sicuramente i conflitti aperti (solo in Iraq
sono morti quasi 80 giornalisti, dal 2003 ad oggi); dall’altra, però, c’è anche il
problema degli altri Paesi, di quelli del sud del mondo, dove si sono verificati numerosi
omicidi, ferimenti, rapimenti e aggressioni senza che ci fosse un conflitto in atto.
E questo perché dal 2001 ad oggi, la qualità della libertà di stampa e di espressione
è peggiorata in tutto il mondo: l’attenzione è spasmodica. Soprattutto nella fase
iniziale, dopo l’attacco alle Torri Gemelle, da parte del mondo occidentale c’è stato
un chiudersi in se stesso per difendersi rispetto ad un attacco esterno e questo ha
fatto calare anche l’attenzione - oltre che alcuni fondi - rispetto ai diritti civili
e a tutto il mondo che si muoveva per la difesa dei diritti civili, appunto, nel resto
del mondo. E’ stato un effetto a catena. Questo ha quindi peggiorato, gradualmente
e costantemente, in questi ultimi dieci anni la libertà di stampa e di espressione.
D. - Si registrano appunto anche molte intimidazioni...
R.
- L’esplosione dei casi di censura, di aggressione, di rapimento, di attacchi anche
a sedi di giornali, etc… Questi dati sono esplosi negli ultimi 10 anni e questo pone
un grandissimo freno alla libertà di stampa e di espressione, perché impedisce di
fatto ai giornalisti di poter poi operare e causa una autocensura fortissima: anche
perché per quei pochi che, invece, non accettano di stare a queste condizioni e non
si fermano davanti alle minacce, davanti ai soprusi, continuando a fare il proprio
mestiere - e ce ne sono - il passo successivo è la morte. (mg)