Crisi: nuove preoccupazioni per la Grecia, giù le borse
Continua l’andamento negativo dei mercati mondiali: nulla è cambiato dal venerdì nero
della settimana scorsa. In caduta libera le borse asiatiche, con Tokyo che chiude
a - 2,3%, il minimo da aprile, e giù anche le piazze europee tutte oltre il 3%, tranne
Londra che si attesta intorno a -2% e Parigi, la peggiore, con un calo di oltre il
4%. A pesare è soprattutto il settore bancario a causa di un possibile declassamento
da parte dell’agenzia di rating Moodys per l’esposizione di 3 istituti finanziari
parigini nei confronti della Grecia. E’ infatti ancora la Grecia al centro del terremoto
finanziario, che scuote l’Europa: il differenziale con i titoli di Stato tedeschi
sfonda quota 2.000 punti.Il governo vara nuove misure di austerity mentre il Paese
scende in piazza per uno sciopero di 48 ore e l’opposizione teme la bancarotta. Ma
quanto è credibile questa ipotesi e con quali conseguenze? Gabriella Ceraso
lo ha chiesto a Giuseppe Di Taranto, docente di Storia della finanza e Sistemi
finanziari alla Luiss di Roma:
R. - Non
credo in un default della Grecia, perché in realtà non converrebbe alla stessa Unione
Europea. Non dimentichiamo che su 139 miliardi in titoli greci, diffusi in Europa,
oltre il 70 per cento sono in possesso proprio di Francia al primo posto e di Germania,
al secondo posto. Un default della Grecia significherebbe anche coinvolgere in qualche
materia buona parte delle banche tedesche e della banche francesi.
D.
- Ed è infatti proprio notizia di queste ore che l’agenzia di Moody’s potrebbe deglassare
le principali istituzioni finanziarie francesi a causa dell’esposizione nei confronti
della Grecia: istituzioni che sta monitorando. Questo come lo giudica?
R.
- Io vorrei soltanto ricordare che a fine giugno Moody’s mise sotto osservazione le
più importanti banche italiane: dopo di che furono fatti gli “stress test”, che sono
fatti a livello internazionale, e gli stress test dimostrarono la solidità delle nostre
banche. Oggi il problema non è dei singoli Paesi, perché siamo oggetto di una speculazione
internazionale che, a mio avviso, viene soprattutto dalle grandi banche internazionali,
da parte degli Stati Uniti.
D. - Se ci fosse un declassamento cosa rischierebbe
la Francia nella realtà?
R. - La Francia rischierebbe di dover pagare
più interessi sui titoli di Stato: questo meccanismo si è messo in moto ogni volta
che, purtroppo, le agenzie di rating hanno deglasso o intere nazioni o singole imprese
o singole banche o addirittura enti locali. Penso che se ciò dovesse avvenire alla
Francia costerà non poco sotto l’aspetto del pagamento degli interessi del debito
pubblico, perché - per usare termini ormai che sono alla portata di tutti - lo spread
tra i titoli tedeschi e quelli francesi tenderebbe immediatamente ad aumentare.
D.
- In questo momento perché sono i bancari a pesare di più su tutti quanti gli indici?
R.
- Per il semplice fatto che sono le banche a possedere i titoli di cui si rischia
il default, tra l’altro adesso non si specula più, non si può più speculare sul mercato
secondario dei bond, perché sicuramente l’operato della Bce in questo caso è stato
molto positivo, perché in qualche maniera, garantendo l’acquisto dei bond dei Paesi
in difficoltà fa sì che il famoso spread non aumenti e quindi fa sì che i debito pubblici
dei vari Paesi tendono a non aumentare.
D. - In questo momento così
delicato di difficoltà economico-finanziaria, ancora una volta la Commissione europea
ha chiesto agli Stati a rischio di lavorare al consolidamento delle finanze e addirittura
- se necessario - di prendere ulteriori misure antideficit. Dunque ancora la strada
del rigore è quella che si sceglie, ma è la strada giusta?
R. - Posso
risponderle in modo molto sintetico con un’altra domanda? Bene, se il problema è la
crescita, perché non ci aiutano nella crescita le istituzioni europee? Perché la delegato
soltanto ai Paesi, a cui invece chiedono contemporaneamente il massimo dei sacrifici
unicamente per portare i bilanci in pareggio? Un’ultima notazione: ormai il bilancio
in pareggio farà parte di tutte le costituzioni europee e, a mio avviso, è una cosa
del tutto inutile. Per questo bastano le leggi ordinarie. Noi stiamo creando con l’Unione
Europea sempre più vincoli che sono sempre i maggiori ostacoli proprio alla crescita.
(mg)