2011-09-10 14:11:52

Egitto. La folla assalta l'ambasciata israeliana al Cairo: 3 morti, centinaia di feriti


In Egitto dichiarato lo Stato d’allerta dopo l’assalto di stanotte all’ambasciata di Israele al Cairo da parte di centinaia di manifestanti. Il bilancio degli scontri con le forze dell’ordine è di 3 morti, oltre 1000 feriti e 19 arresti. Convocata per oggi una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri con i vertici delle forze armate. Mentre l’ambasciatore israeliano ha fatto ritorno a Tel Aviv, sulla questione è intervenuto anche il presidente americano Obama. Davide Maggiore ne ha parlato con Maria Grazia Enardu docente di relazioni internazionali all’università di Firenze:RealAudioMP3

R. – Quella tra Israele ed Egitto è stata una pace che si è sempre più raffreddata. C’è da parte della piazza egiziana una crescente animosità verso Israele. L’Egitto, che dovrebbe presto avere elezioni, cerca un nuovo ruolo di rilancio e c’è anche molto movimento in tutta la regione perché tra poco più di una settimana si va in sede Onu per discutere dello Stato palestinese che potrebbe anche essere riconosciuto ma anche perché si stanno muovendo soggetti che fino a questo momento sono stati abbastanza defilati. In particolare si sta muovendo la Turchia. Tra due giorni arriva in Egitto il primo ministro turco e in questa occasione non si potrà non discutere di una eventuale linea comune verso Israele. L’Egitto, fino a quando c’era Mubarak, è stato un Paese che intendeva mantenere lo status quo della pace a tutti i costi. Anche la Turchia fino a un anno fa era un Paese praticamente alleato e se Israele perde i suoi due migliori amici questo non può che isolarlo pericolosamente in un momento assai difficile.

D. - Che genere di conseguenze possono esserci dall’accaduto sui rapporti tra Egitto e Israele?

R. - Gli egiziani controllano direttamente o indirettamente il confine con Gaza. Se l’Egitto decidesse di aprire davvero il confine con Gaza a quel punto il blocco che Israele attua su Gaza sarebbe immediatamente vanificato.

D. – Per gli equilibri della regione cosa potrebbe significare la posizione assunta dal nuovo Egitto?

R. – L’Egitto in un modo o in un altro condiziona anche Paesi minori come la Giordania. Se la Giordania si sentisse messa in pericolo da questo nuovo clima così incerto non potrebbe che allinearsi al nuovo assetto e a quel punto Israele sarebbe di nuovo contornato da Stati molto meno amici di quanto non fossero ieri.

D. – L’Egitto è stato uno dei protagonisti della cosiddetta “Primavera araba”; era prevedibile uno sviluppo in questa direzione?

R. – Quando la Piazza comincia a far politica inevitabilmente elementi più radicali hanno un ruolo maggiore delle persone che vogliono una bella democrazia. Se l’Egitto viene accompagnato dall’Occidente, dagli Stati Uniti e dall’Europa, con misure di appoggio economico, la direzione non può che essere positiva ma il sospetto - che da parte della massa egiziana c’è - che l’Occidente favorisca sempre e comunque Israele, non può che suscitare grande irritazione di un movimento assai complesso.

D. – Gli Stati Uniti hanno ancora un’influenza sul governo egiziano?

R. – Sicuramente ce l’hanno. Il punto è che per renderla efficiente dovrebbero usare più mezzi sia di tipo politico, sia di tipo diplomatico, sia anche di tipo economico: cosa che sono riluttanti a fare perché appoggiare troppo visibilmente il nuovo corso può avere effetti negativi sia all’interno dell’Egitto sia nel mondo arabo vicino. (bf)







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