Egitto. La folla assalta l'ambasciata israeliana al Cairo: 3 morti, centinaia di feriti
In Egitto dichiarato lo Stato d’allerta dopo l’assalto di stanotte all’ambasciata
di Israele al Cairo da parte di centinaia di manifestanti. Il bilancio degli scontri
con le forze dell’ordine è di 3 morti, oltre 1000 feriti e 19 arresti. Convocata per
oggi una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri con i vertici delle forze
armate. Mentre l’ambasciatore israeliano ha fatto ritorno a Tel Aviv, sulla questione
è intervenuto anche il presidente americano Obama. Davide Maggiore ne ha parlato
con Maria Grazia Enardu docente di relazioni internazionali all’università
di Firenze:
R. – Quella
tra Israele ed Egitto è stata una pace che si è sempre più raffreddata. C’è da parte
della piazza egiziana una crescente animosità verso Israele. L’Egitto, che dovrebbe
presto avere elezioni, cerca un nuovo ruolo di rilancio e c’è anche molto movimento
in tutta la regione perché tra poco più di una settimana si va in sede Onu per discutere
dello Stato palestinese che potrebbe anche essere riconosciuto ma anche perché si
stanno muovendo soggetti che fino a questo momento sono stati abbastanza defilati.
In particolare si sta muovendo la Turchia. Tra due giorni arriva in Egitto il primo
ministro turco e in questa occasione non si potrà non discutere di una eventuale linea
comune verso Israele. L’Egitto, fino a quando c’era Mubarak, è stato un Paese che
intendeva mantenere lo status quo della pace a tutti i costi. Anche la Turchia fino
a un anno fa era un Paese praticamente alleato e se Israele perde i suoi due migliori
amici questo non può che isolarlo pericolosamente in un momento assai difficile.
D.
- Che genere di conseguenze possono esserci dall’accaduto sui rapporti tra Egitto
e Israele?
R. - Gli egiziani controllano direttamente o indirettamente
il confine con Gaza. Se l’Egitto decidesse di aprire davvero il confine con Gaza a
quel punto il blocco che Israele attua su Gaza sarebbe immediatamente vanificato.
D.
– Per gli equilibri della regione cosa potrebbe significare la posizione assunta dal
nuovo Egitto?
R. – L’Egitto in un modo o in un altro condiziona anche
Paesi minori come la Giordania. Se la Giordania si sentisse messa in pericolo da questo
nuovo clima così incerto non potrebbe che allinearsi al nuovo assetto e a quel punto
Israele sarebbe di nuovo contornato da Stati molto meno amici di quanto non fossero
ieri.
D. – L’Egitto è stato uno dei protagonisti della cosiddetta “Primavera
araba”; era prevedibile uno sviluppo in questa direzione?
R. – Quando
la Piazza comincia a far politica inevitabilmente elementi più radicali hanno un ruolo
maggiore delle persone che vogliono una bella democrazia. Se l’Egitto viene accompagnato
dall’Occidente, dagli Stati Uniti e dall’Europa, con misure di appoggio economico,
la direzione non può che essere positiva ma il sospetto - che da parte della massa
egiziana c’è - che l’Occidente favorisca sempre e comunque Israele, non può che suscitare
grande irritazione di un movimento assai complesso.
D. – Gli Stati Uniti
hanno ancora un’influenza sul governo egiziano?
R. – Sicuramente ce
l’hanno. Il punto è che per renderla efficiente dovrebbero usare più mezzi sia di
tipo politico, sia di tipo diplomatico, sia anche di tipo economico: cosa che sono
riluttanti a fare perché appoggiare troppo visibilmente il nuovo corso può avere effetti
negativi sia all’interno dell’Egitto sia nel mondo arabo vicino. (bf)