Sud Sudan: l’incoraggiamento dei vescovi per una riconciliazione politica
“Siamo incoraggiati dai tentativi di ampliare nel governo la rappresentanza delle
diverse regioni. La nascita di un governo più rappresentativo della complessa realtà
nazionale alimenta la speranza in una nuova fase di riconciliazione nazionale”. È
quanto sostenuto dai vescovi del Sud Sudan in un testo diffuso ieri, al termine della
prima Assemblea plenaria dopo l’indipendenza del Paese, nel luglio scorso. I presuli,
riferisce l’agenzia Misna, salutano così la formazione del nuovo Esecutivo caratterizzato
da una riduzione del numero degli esponenti della comunità dinka, la più numerosa
del Sud Sudan, accusata da altri gruppi di egemonizzare le strutture dello Stato.
Nel testo si evidenzia la necessità di una riconciliazione a livello nazionale, che
coinvolga le 60 comunità del Paese: “50 anni di conflitti hanno lasciato ferite profonde
nella popolazione - riferiscono i vescovi - e altri conflitti sono in corso anche
adesso”. I vescovi esprimono quindi una “preoccupazione particolare” per le violenze
tra le comunità nuer e murle che hanno causato ad agosto centinaia di vittime. Secondo
un rapporto pubblicato in settimana dall’Ufficio dell’Onu per il coordinamento dell’assistenza
umanitaria (Ocha), rivolte armate e scontri tra comunità hanno causato negli ultimi
mesi 1500 vittime e 73mila sfollati. Nel messaggio si fa riferimento anche alle difficili
relazioni con Khartoum: i vescovi ricordano i “tragici avvenimenti” in corso nel Darfur,
nel Sud Kordofan e nel Nilo Blu. “Ingiustizie e scontri armati in queste regioni
al di là del confine con il Sudan - scrivono i vescovi - ostacolano la pace anche
nel nostro Paese”. Il Sud Sudan è divenuto indipendente da Khartoum dopo una guerra
civile durata più di vent’anni (1983-2005) e la vittoria schiacciante dei “sì” a un
referendum sull’autodeterminazione che si è svolto nel gennaio scorso. (G.I.)