Siccità nel Corno d'Africa: violenze contro i profughi affamati
E’ sempre drammatica la situazione umanitaria in Somalia. Nella sola Mogadiscio si
stima che si siano riversate oltre 120 mila persone in fuga dalla carestia. Una situazione
che il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (Cisp), Ong che opera in
Somalia da oltre 20 anni, ritiene in peggioramento almeno fino al dicembre di quest’anno.
Attualmente Mogadiscio è sotto il controllo del governo di transizione, ma molte aree
del Paese sono ancora in mano agli estremisti islamici "Shabab" e lì resta difficoltoso
far giungere gli aiuti. Oltre alla grave carestia, a suscitare l’allarme internazionale
sono gli episodi di violenza che vengono commessi quotidianamente a danno dei rifugiati,
tanto che lo stesso comandante dell'Amisom, il contingente internazionale dell’Unione
Africana, ha richiesto il dispiegamento di altri 3 mila uomini. Proprio sul cibo e
sugli aiuti, inoltre, incombe nella capitale la piaga della corruzione. Stefano
Leszczynski ha intervistato Rosaia Ruberto, coordinatrice dei programmi
del Cisp in Somalia.
R. – La situazione
a Mogadiscio è veramente drammatica. Le Nazioni Unite hanno dichiarato una sesta regione
in stato di carestia. Gli sfollati continuano ad arrivare a Mogadiscio sperando di
poter accedere almeno a un minimo di assistenza, tutti i giorni. Attualmente ci sono
190 campi di insediamenti spontanei di sfollati che a migliaia continuano ad arrivare
dalle zone colpite.
D. – Poi ci sono molti centri in cui resta ancora
difficilissimo poter giungere con i soccorsi…
R. - In Somalia attualmente
il territorio più accessibile è nelle zone controllate dal governo transitorio, che
sono aumentate a partire da luglio, ma molte zone rimangono inaccessibili per il personale
espatriato.
D. - Qual è la situazione sanitaria?
R. –
La situazione è veramente molto grave. Ci sono i rapporti dei nostri operatori sanitari
che ci avvertono che non riescono assolutamente a far fronte alle richieste. Operatori
che devono assistere, purtroppo, alla morte di bambini tutti i giorni, perché nonostante
noi forniamo medicinali e supportiamo queste strutture, la situazione si è talmente
aggravata che noi non abbiamo potuto subito avere accesso a fondi sufficienti per
coprire tutte le esigenze.
D. – Oltre alla situazione della carestia
e del conflitto, ci sono altre emergenze che riguardano categorie sociali molto deboli
come le donne, i bambini…
R. – Effettivamente questo è un problema grave.
Si stanno lanciando varie iniziative di sensibilizzazione, di formazione del personale,
e per la creazione di centri comunitari di protezione perché crediamo molto nella
capacità della comunità stessa di proteggere i propri membri più deboli. Questi sono
interventi un po’ più a medio lungo termine, non è qualcosa che si risolve dall’oggi
al domani. (bf)