Obama presenta il piano da 447 miliardi di dollari contro la crisi
Presentato ieri al Congresso americano dal presidente Obama il piano anti-crisi da
447 miliardi di dollari. Due gli obiettivi importanti: dimezzare le tasse per lavoratori
e piccole e medie imprese e ridurre il deficit, per rimettere in sesto la situazione
dei conti pubblici. Forte, inoltre, l’appello ad accantonare le divergenze politiche
per agire subito; ma i repubblicani non ci stanno e parlano di retorica. Salvatore
Sabatino:
Trenta
minuti per disegnare il profilo del piano destinato a rilanciare crescita e occupazione.
E’ un Obama preoccupato, quello che si è presentato davanti al Congresso; ben cosciente
delle difficoltà in cui versa il Paese, ma colmo di speranza e soprattutto audace
nella richiesta di concretezza. Basta col ''circo politico'' – ha detto – è necessario
agire subito per aiutare l'economia. E’ necessario accantonare le divergenze. Come?
Con atti concreti; con un piano che vuole ''rimettere al lavoro gli americani e che
vuole rimettere soldi nelle loro tasche''. Con un piano che si concretizza in due
ambiziosi obiettivi: dimezzare le tasse per lavoratori e piccole e medie imprese per
complessivi 70 miliardi e ridurre il deficit, per rimettere in sesto la situazione
dei conti pubblici. Altro punto forte dello ''Jobs Act'' è la spesa per le infrastrutture,
pari a 140 miliardi di dollari. Aumentato complessivamente di 8 miliardi il credito
di imposta a favore dei disoccupati da lungo tempo. Al sistema scolastico nazionale
saranno destinati 30 miliardi, 35 miliardi agli stipendi di insegnanti e poliziotti.
Stanziati anche 15 miliardi per favorire il riacquisto da parte dei proprietari della
case pignorate dalle banche. Da qui - è convinto il presidente - dovrebbe arrivare
l'auspicata scossa, che riporterà l'America e la sua economia ''al top''. Parole di
speranza, dunque, le sue, bollate come pura retorica, invece, da parte dei Repubblicani,
convinti che con il piano Obama non verrà creato un solo posto di lavoro. Una posizione,
questa, che fa temere la stessa impasse che ha vissuto il Congresso il mese scorso,
quando le posizioni divergenti tra i due schieramenti sull’innalzamento del tetto
del debito, aveva rischiato di paralizzare il Paese.
Siria In
Siria ennesimo venerdì di proteste convocate dagli attivisti sui social network.
Testimonianze provenienti da Aleppo parlano di oltre 3000 manifestanti nella piazza
centrale della città e all'uscita della principale moschea. Migliaia di dimostranti
davanti alle moschee anche a Deraa, nel sud del Paese. Le manifestazioni di oggi sono
dedicate alla richiesta di protezione internazionale avanzata da diversi gruppi di
opposizione, che si sono rivolti all’Onu per ottenere l’invio di una “missione permanente
di osservatori”. Tuttavia, solo ieri la Russia ha ribadito l'intenzione di ricorrere
al veto contro qualsiasi ipotesi di sanzioni a carico di Damasco.
L’Interpol
spicca un mandato di arresto internazionale contro Gheddafi Gli insorti libici
hanno preso il controllo della Valle Rossa e si avvicinano a Sirte, una delle ultime
roccaforti dei fedeli a Gheddafi. Intanto, scadranno sabato gli ultimatum per la resa
lanciati dai ribelli alle città lealiste di Sirte, Sebha e Bani Walid. Mentre l’Interpol
estende la caccia a Gheddafi in tutto il mondo. Il servizio di Marco Guerra:
La sorte
di Gheddafi, che al momento rimane ignota, diventa questione di interesse per tutti
i 188 Paesi aderenti all’Interpol. L’organizzazione internazionale di polizia ha emessso
oggi un ordine di arresto nei confronti dell’ex rais, del figlio Saif al-Islam
e di Abdullah al-Senussi, capo dei servizi segreti del regime, su richiesta del procuratore
capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo. Caccia al colonnello che
non si ferma sul territorio libico con gli insorti che hanno creato un'unita' speciale
incaricata di trovarlo. Intanto, le truppe del Consiglio Nazionale di Transizione
si preparano a lanciare assalti contro le ultime roccaforti lealiste. Le città di
Sirte, Sebha e Bani Walid hanno ormai solo un giorno di tempo per deporre le armi,
dato che scadrà domani l'ultimatum lanciato dai ribelli. E dalle nuove autorità
libiche arriva anche l’allarme per la possibilità che parte dell’arsenale dell’esercito
sia finito nelle mani di organizzazioni terroristiche, mentre immense ricchezze sarebbero
state trafugate dalla casse dello Stato dallo stesso Gheddafi e dalla sua famiglia.
Afghanistan Il
9 settembre del 2001 veniva assassinato, da due presunti membri di al Qaeda, Ahmed
Shah Massoud, conosciuto come il ''Leone del Panjshir'', eroe nazionale afghano e
comandante dei mujaheddin dell’Alleanza del Nord, che negli anni '80 combatterono
le truppe di occupazione sovietiche. A dieci anni dalla sua uccisione questa mattina
si è tenuta una cerimonia commemorativa al palazzo presidenziale di Kabul. All’evento
sono intervenuti 200 fra alti responsabili governativi afghani, compagni di Massoud,
alti ufficiali dell'Isaf e i rappresentanti della diplomazia internazionale. Generale
la sorpresa per l’assenza del presidente Hamid Karzai.
Nigeria Non
si ferma la violenza interetnica in Nigeria. Nove persone sono state uccise, fra le
quali sette bambini della stessa famiglia, in un attacco avvenuto nella notte alla
periferia di Jos, nello Stato centrale del Plateau. L’eccidio ha avuto luogo in una
zona popolata principalmente da cristiani e secondo il portavoce del governatore locale
potrebbe essere stato motivato dalla ricerca di pascolo nella regione. Lo stesso arcivescovo
di Jos, Ignatius Kaigama, ha più volte sottolineato che non si tratta di scontri interreligiosi,
ma di violenze interetniche causate da motivi economici. Dietro questi massacri –
afferma il presule – c’è una situazione di povertà che il governo locale non affronta.
La zona di Jos, che si trova all'incrocio tra il nord a maggioranza musulmana a il
sud prevalentemente cristiano, è regolarmente scossa da violenze interetniche legate
al controllo delle risorse naturali.
Turchia annuncia scorta militare per
navi dirette a Gaza Il premier della Turchia, Tayyip Erdogan, ha autorizzato
le navi da guerra di Ankara a scortare i convogli umanitari turchi diretti a Gaza.
“Non lasceremo che queste navi vengano attaccate da Israele come avvenne con la Freedom
Flottilla”, ha spiegato Erdogan dopo pochi giorni dall’annuncio della sospensione
degli accordi militari e commerciali tra i due Paesi. La decisione del capo del governo
turco alimenta la crisi diplomatica tra Ankara e Tel Aviv scoppiata con l’assalto
dei militari israeliani alla nave Mavi Marmara, costato la vita a otto militati pro-palestinesi.
Onu
–Palestina Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha ribadito il suo
sostegno alla creazione di uno Stato palestinese. Uno stato che “dovrebbe esistere
da molto tempo”, ha sottolineato la guida delle Nazioni Unite. La dichiarazione giunge
a pochi giorni dalla presentazione della richiesta da parte dei palestinesi di adesione
all’Onu come Stato membro. Candidatura che registra il parere negativo degli Stati
Uniti.
Usa-blackout Un gigantesco blackout ha colpito nelle
ultime ore il sud della California, l’Arizona e anche una parte del Messico, nella
Baja California. Cinque milioni le persone coinvolte: traffico autostradale in tilt
per il buio, voli cancellati all'aeroporto internazionale di San Diego, distribuzione
di acqua e gas sospesa in varie zone. A causare il disastro sarebbe stato un addetto
che in una centralina in Arizona avrebbe attivato una procedura sbagliata. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 252