Convegno di spiritualità ortodossa al Monastero di Bose. Intervista col priore Enzo
Bianchi
Porre in luce l’essenziale unità tra Sacra Scrittura, esegesi e vita spirituale, unità
che attraversa tutta la tradizione delle Chiese d’Oriente, anche se in forme diverse
rispetto all’Occidente. E’ l’obiettivo del XIX Convegno ecumenico internazionale di
spiritualità ortodossa, organizzato dal Monastero di Bose presso la sua sede in provincia
di Biella e incentrato sul tema “La Parola di Dio nella vita spirituale”. Intervenendo
all’incontro che si chiuderà domani, il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio
cardinalizio, ha affermato che il dialogo ecumenico è una questione “di grande responsabilità”
per la Chiesa cattolica e per quella ortodossa. Ma con quali peculiari modalità la
lettura della Parola di Dio è stata affrontata sia in Oriente che in Occidente? Risponde
al microfono di Antonella Palermo il priore della Comunità monastica di Bose,
Enzo Bianchi:
R. – Certamente
in Oriente c’è stato un altro tipo di lettura della Parola di Dio perché noi occidentali
abbiamo visto secoli, soprattutto nel secondo millennio, in cui c’è stato un fiorire
degli studi e delle ricerche storiche. Noi abbiamo un tipo di lettura che diventa
Lectio divina, diventa un ascoltare la Parola di Dio contenuta nel testo ma per vie,
sovente, più intellettuali. Nella Chiesa ortodossa invece l’accostamento alla Parola
di Dio è sempre stato liturgico, quindi è soprattutto nella liturgia che gli ortodossi
ascoltano la Parola di Dio, ascoltano la Bibbia. In Occidente la nostra preghiera
già di per sé è più biblica della loro perché loro hanno tutta una serie di composizioni
ecclesiali dovute ai Padri della Chiesa; la sobrietà della liturgia latina invece
richiede di ricorrere costantemente soprattutto ai Salmi e ai Cantici sia dell’Antico
che del Nuovo Testamento. Ma l’approccio liturgico che hanno gli orientali può essere
di grande insegnamento per noi: c’è bisogno di una lettura liturgica, di un’esegesi
liturgica della Parola di Dio.
D. – Cosa si intende quando si parla
della Sacra Scrittura come di una realtà “pneumatica”?
R. – La scrittura
– dobbiamo dirlo – è una realtà molto materiale e molto umana: parole, lettere, scritte
sul bianco, che sono opera degli uomini, scritte dagli uomini, e la scrittura è fragile
come tutte le realtà di questo mondo, si corrompe, può essere dimenticata, può essere
tralasciata. Però questa scrittura umana, nel caso della Bibbia, è una scrittura che
è anche divino-umana, nel senso che quelle cose sono state scritte in modo che apparisse
la volontà di Dio, che Dio rivelasse se stesso e quindi questa Scrittura ha una forza
spirituale, la forza dello Spirito Santo, che l’accompagna: quando viene letta nella
Chiesa, attraverso lo Spirito Santo, diventa la Parola di Dio stesso che echeggia:
è Cristo che parla, è Dio che parla e questo avviene per la potenza dello Spirito
Santo. Dunque lettura dello Spirito Santo, lettura pneumatica.
D. -
Questo è un aspetto che la tradizione occidentale deve recuperare secondo lei?
R.
– Credo di sì, molto, e Benedetto XVI più volte invita a questa lettura spirituale;
ce n’è bisogno soprattutto oggi in cui alcune volte prevale una lettura di tipo intellettuale.
(bf)