Alla Mostra del Cinema di Venezia due documentari sulla storia italiana di ieri e
di oggi
Nella vivace sezione Controcampo italiano, la Mostra del Cinema di Venezia ha presentato
due interessanti documentari sulla storia italiana di ieri e di oggi: Alessandro Piva
in “Pasta nera” scopre un capitolo di solidarietà nazionale avvenuto all’indomani
dell’ultimo conflitto mondiale, mentre Marco Dentici in “Caldo grigio, caldo nero”
denuncia l’indifferenza e l’ipocrisia che hanno segnato due anni fa la tragedia di
Giampilieri in Sicilia, ove si contarono trentasette vittime. Il servizio di Luca
Pellegrini:
L’Italia
della solidarietà di ieri, l’Italia delle tragedie di oggi. Due documentari raccontano
due storie che riguardano il passato remoto e recente, la speranza e il dolore. Alessandro
Piva scopre una pagina dimenticata: all’indomani della guerra, nel 1947,
quasi 70.000 bambini del sud Italia trovano ricovero presso famiglie emiliane disposte
ad accoglierli e accudirli. Un esodo felice, una grande testimonianza di unità nel
nome di una patria che risorgeva dalle macerie. Mentre, nel film, si ascoltano i protagonisti
che ricordano, una profonda emozione prende il cuore. Che cosa ci insegnano? Lo chiediamo
al regista:
“Evidentemente queste sono cose che fanno bene, perché i
valori che sono emersi e che si sono consolidati attraverso questa iniziativa sono
rimasti sia a chi è stato ospitato, sia a chi era in difficoltà, ma enormemente sono
rimasti alle famiglie, a chi ha ospitato questi bambini, a chi ha fatto questo piccolo
sacrificio per aiutare una intera generazione a risollevarsi e a non perdersi in un
momento delicato come quello del dopoguerra. Questo andrebbe, forse, ricordato: aiutare,
essere solidali aiuta le persone, ma aiuta anche se stessi”. (mg)
Sessant’anni
dopo, nel 2007, le prime avvisaglie di fango colano sul paese di Giampilieri, vicino
a Messina, senza vittime. Il 1° ottobre del 2009, nuova bufera e questa volta i morti
sono trentasette. Non fecero notizia. Il giorno dopo, Marco Dentici, messinese,
era già sul posto, non per rubare immagini curiosando nel dolore, ma documentare i
fatti, incamerare testimonianze, come quella dell’arcivescovo La Piana, che nella
sua omelia per i funerali delle vittime lanciò un grido fortissimo contro la classe
politica. Perché ha voluto girare questo documentario e cosa denuncia dell’Italia
di oggi?
“Il motivo sta nel fatto che a volte la vita ci assegna degli appuntamenti,
anche non richiesti. La tragedia di Giampilieri è un appuntamento per me – e lo è
stato – perché è stata una tragedia troppo frettolosamente dimenticata, perché è una
comunità che non ha una propria forza di gravità sul piano economico, sugli interessi
più generali, ed è nel sud – questa è una componente aggravante – e ne è passato un
messaggio mediatico per cui 'in Sicilia si è tutti abusivi e mafiosi'; poi che la
colpa del disastro era da ricercare nell’ignoranza e nell’abusivismo. Davanti a tutte
queste cose, davanti alla voce inascoltata - già dal 2007 - delle comunità, che avevano
lanciato forti grida di allarmi per lo stato del dissesto idrogeologico, non si è
mosso nulla… allora io – che essendo anche di quelle parti, anche se questo è secondario
– ho messo in campo i miei strumenti, che sono quelli che mi consentono di parlare
per immagini, ed ho risposto a questo appuntamento. Queste sono state le motivazioni
di fondo: ho cercato di riaccendere una piccola luce su una tragedia pressoché dimenticata”.
(mg)