Libia: Bani Walid, ultima roccaforte di Gheddafi, negozia la sua resa
In Libia c’è attesa per l’ingresso dei ribelli a Sirte, città natale di Gheddafi;
del colonnello, invece, nessuna traccia, mentre le Nazioni Unite già pensano al futuro
del Paese nord africano. Sentiamo Marco Guerra:
A Bani Walid,
una delle ultime roccaforti leali al regime, sarà evitato un bagno di sangue. Insorti
e rappresentanti della città stanno infatti discutendo gli ultimi dettagli per una
resa pacifica che metta la popolazione al riparo di vendette di entrambi gli schieramenti.
I capi della tribù dei Warfalla, la più numerosa della Libia, hanno infatti accettato
di arrendersi senza combattere, ed entro poche ore i miliziani che fanno capo al Consiglio
nazionale transitorio libico (Cnt) prenderanno il controllo della città. Più difficile
la situazione a Sirte – città natale di Gheddafi – dove si registra un clima di tensione
crescente. Migliaia di ribelli hanno circondato la città, e attendono solo l’ordine
di attacco. Tutto questo mentre il colonnello ha fatto perdere le sue tracce. Il suo
portavoce ha detto che è ancora in Libia e che continua a combattere al fianco del
suo popolo; fonti militari, invece, lo danno in Niger, Paese verso il quale si è diretto
un enorme convoglio militare lealista. Sul fronte diplomatico si registrano le dichiarazioni
del segretario dell'Onu Ban Ki-moon che ha offerto il contributo delle Nazioni Unite
per la ricostruzione e quelle del governo cinese che ha rinviato il riconoscimento
del Cnt a quando le condizioni saranno mature.
La Lega araba: la Siria
accolga le legittime aspirazioni del suo popolo “Chiederò al presidente siriano,
Bashar al-Assad, di esaudire le richieste legittime del suo popolo”. Così il segretario
generale della Lega Araba, Nabil al-Arabi, alla vigilia della visita che effettuerà
domani in Siria per tentare di mediare la crisi che sta scuotendo il Paese. E sul
terreno non si ferma la repressione del dissenso: ieri nella città di Homs almeno
11 civili sono rimasti uccisi, 7 dei quali dai servizi di sicurezza. Intanto, per
la prima volta da mezzo secolo, la Siria ha permesso alla Croce Rossa Internazionale
di visitare una prigione di Damasco per verificare le condizioni dei detenuti, mentre
si registra una nuova ondata di persone in fuga dal Paese. Secondo l'Alto commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), sono oltre 3 mila i rifugiati siriani
nel nord del Libano.
Crisi Turchia-Israele Nuovo strappo nei rapporti
diplomatici tra Turchia ed Israele. Il premier turco Erdogan ha annunciato oggi la
“sospensione totale” dei rapporti militari e commerciali con lo Stato ebraico. La
decisione di Ankara arriva dopo il rifiuto di Israele di presentare scuse per l'uccisione
di nove passeggeri turchi durante l'abbordaggio della Mavi Marmara, la nave che nel
maggio del 2010 cercò di forzare il blocco navale a Gaza e dopo l’uscita del rapporto
Onu sull’accaduto. Erdogan ha aggiunto che le navi turche “saranno viste sempre più
frequentemente in quelle acque” e non ha escluso una sua visita nella Striscia di
Gaza. Francesca Sabatinelli ne ha parlato con Janiki Cingoli direttore
del Cipmo, Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. - Naturalmente
le conseguenze saranno pesanti. Proprio nei giorni scorsi il capo della Banca di Israele
metteva in guardia Netanyahu sulle conseguenze anche economiche di questa rottura
perché diceva che la Turchia non è una piccola economia, è un’economia più grande
di quella israeliana, che cresce più rapidamente. Quindi è evidente che i rapporti
commerciali, non solo militari, sono molto forti ed essere tagliati fuori per Israele
può essere un danno molto consistente. E’ evidente che nessuno dei due Paesi è interessato
a questa rottura. Non lo è Israele e non lo è neanche la Turchia per motivi economici,
strategici e anche per non isolarsi rispetto agli Stati Uniti d’America, che non sono
lieti di questa rottura. Tuttavia quando entra in ballo quello che viene chiamato
l’onore di un Paese i meccanismi possono essere perversi. Dopo il Rapporto dell’Onu,
Israele probabilmente avrebbe dovuto cogliere l’occasione per presentare le sue scuse
per questo eccesso di forza e chiudere l’incidente. Tuttavia Netanyahu non ha fatto
questo passo per resistenze interne alla sua minoranza procurando un grave danno al
suo Paese; anche Erdogan tende a proporsi come leader autoritario di questo Paese
e quindi non ha voluto passare sopra e attenuare le richieste.
D. –
In Israele alcuni osservatori, alcuni giornali, fanno analisi che definiscono Erdogan
un nemico acerrimo di Israele. Ovviamente sono opinioni non condivise da tutti all’interno
di Israele…
R. - Io ritengo che siano opinioni stupide. Erdogan è quello
che si era attivato all’epoca del governo Olmert per un rapporto diretto tra Assad
in Siria e il premier Olmert che era arrivato alla vigilia di un accordo sulle questioni
del Golan, che poi fu interrotto in seguito alla invasione israeliana a Gaza. Quindi
non è che ci fosse un atteggiamento precostituito di volontà di rottura da parte della
Turchia nei confronti di Israele. Detto questo nel medio periodo, forse, questa cosa
può essere superata; a breve è una cosa che certamente crea danno ad una situazione
già lacerata e difficile come è oggi quella dell’area mediterranea. (bf)
Gaza
violenze A Gaza resta alta la tensione. Nella notte nuovi raid dell’aviazione
israeliana in risposta al lancio di razzi in direzione del Neghev israeliano. Secondo
un portavoce militare a Tel Aviv, i velivoli israeliani hanno centrato un sito “adibito
alla produzione di armi” senza provocare vittime.
Egitto: processo a Mubarak È
stata sospesa ieri la terza udienza per il processo a carico dell’ex presidente egiziano
Hosni Mubarak, dopo una rissa tra gli avvocati della difesa e quelli delle vittime
della repressione contro la rivoluzione di gennaio, costituiti parte civile. Tra gli
imputati anche i due figli di Mubarak, Alaa e Gamal, e l’ex ministro dell’Interno,
Habib al Adly. Fuori dall’aula si sono verificate altre proteste, tra manifestanti
e gruppi di sostenitori dell'ex rais.
Tunisia – sommosse Esteso il
coprifuoco in Tunisia nel governatorato di Gafsa - oltre alle città di Douz e Sbeitla
– a causa degli scontri tra diverse fazioni tribali. Dopo la morte di un giovane e
il ferimento ieri di quattro persone, oggi è stato annunciato un sit-in di protesta
della polizia contro il governo per denunciare la mancanza di decisioni per fermare
la violenza contro le forze dell’ordine.
Iraq Violenza senza fine
in Iraq. Otto soldati iracheni, fra cui un ufficiale, sono stati uccisi nella città
di Haditha, nel nord del Paese e i loro corpi sono stati bruciati. Lo hanno detto
fonti della polizia secondo le quali uomini armati hanno aperto il fuoco contro il
convoglio sul quale viaggiavano i militari e i veicoli sono stati dati alle fiamme.
Afghanistan Due
presunti terroristi sono stati uccisi nel corso di un raid aereo della Nato su Kandahar,
nel sud dell'Afghanistan. Lo riferisce una nota del governo locale, in cui si precisa
che i due miliziani sono stati colpiti mentre stavano piazzando ordigni artigianali
lungo una strada. Intanto sono stati recuperati i corpi di due escursionisti tedeschi
scomparsi due settimane fa e uccisi da un gruppo di nomadi nella provincia di Parwan,
a nord di Kabul.
Pakistan, catturato terrorista Inferto un altro
colpo ai vertici della rete terroristica al Qaeda. L’esercito pakistano ha catturato
quello che viene definito ''un importante leader dell'organizzazione'', Younis al
Mauritani, e due suoi ''collaboratori''. L’uomo era ricercato dal 2005 perché ritenuto
responsabile di un attacco in Pakistan contro una caserma che provocò la morte di
17 soldati. L’operazione è stata condotta con l’ausilio dei servizi di sicurezza americani.
Iran
– Aiea La questione nucleare iraniana torna sotto i riflettori dopo l’avvio,
ieri, della centrale energetica di Bushehr. L’Iran si dice pronto ad accogliere l’Aiea
per la verifica del suo programma nucleare in cinque anni, mentre L’Ue richiama la
Repubblica islamica al rispetto dei suoi impegni internazionali.
Usa, generale
Petraeus alla guida della Cia Dieci anni dopo gli attentati dell’11 settembre
2001 e con l’uccisione a maggio di Osama Bin Laden, il generale David Petraeus ha
detto addio all'esercito americano e da oggi guiderà la Cia, la Central Intelligence
Agency. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in una nota ha definito “storica”
la carriera militare Petraeus, soprattutto per il ruolo avuto nelle guerre in Iraq
ed Afghanistan. Perché arriva ora questo nuovo incarico ai vertici dell’Intelligence
Usa? Giada Aquilino lo ha chiesto a Nico Perrone, docente di Storia
americana all’Università di Bari:
R. – L’America
è un Paese che crede molto ai simboli: direi che è difficile che una data sia un fatto
casuale, che risponda ad una messa in pensione per raggiunti limiti di età, come si
dice da noi. Deve avere un significato di cambiamento. Un cambiamento in che senso
è ancora difficile dirlo. Un cambiamento necessario perché si va verso le elezioni,
questa è anche un’ipotesi possibile.
D. – Il Washington Post, alla
vigilia dell’11 settembre, ha scritto che la Cia in dieci anni ha cambiato pelle,
passando dalla raccolta e dall’analisi delle informazioni ad una più intensa lotta
al terrorismo sul campo…
R. – Ricordiamo che recentemente è stato ucciso
Bin Laden, il capo, il simbolo del terrorismo. Però il terrorismo non è stato sradicato!
E’ ancora un’insidia molto grave, molto pesante sulla vita dell’America e non soltanto
dell’America.
D. – Quindi verso quale direzione va l’agenzia di Langley?
R.
– Bisogna dire che la direzione dovrebbe essere quella di un maggiore realismo, di
una maggiore aderenza ai fatti, alle evoluzioni, alle trasformazioni, alle differenze
che esistono nel mondo. Obama - forse per primo - ha cominciato a rendersi conto di
queste differenze, proprio quando l’America complessivamente è in un momento difficile,
perlomeno dal punto di vista economico-finanziario. Ma non soltanto questo: è insidiata
da altre grandi potenze, specialmente in Asia. (mg)
Usa, Obama su occupazione "Dobbiamo
riportare gli americani al lavoro". È quanto affermato ieri il presidente Usa Obama,
in vista della presentazione delle nuove misure per l’occupazione che terrà l’8 settembre
davanti al Congresso. Auspicando un sostegno bipartisan, Obama ha chiesto a repubblicani
di mettere da parte gli interessi di partito.
Italia: sciopero della Cgil.
Napolitano: misure più efficaci In Italia è in corso lo sciopero della Cgil
in cento piazze contro la manovra e in particolare le norme sul lavoro. Presenti anche
diversi leader dell’opposizione, fra i quali Bersani, Di Pietro e Vendola. Non aderiscono
Cisl, Uil e la componente cattolica del partito democratico. La protesta si svolge,
mentre nel pomeriggio la manovra approda al Senato dopo l'appello del presidente della
Repubblica Napolitano a rendere il provvedimento più efficace e credibile per i mercati.
Giappone
nucleare Il ministro dell'Industria nipponico, Yoshio Hachiro, ha annunciato
che il numero dei reattori nucleari in Giappone sarà azzerato in futuro, in base alle
linee tracciate dal primo ministro Yoshihiko Noda, che allo scopo di non costruirne
di nuovi ha affiancato quello di avviare lo smantellamento degli impianti obsoleti.
(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Giorgia Innocenti)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 249